Valutazione e trattamento chirurgico del neurotraumatizzato

Maurizio Fontana

Direttore  U.O.C. di Neurochirurgia – P.O. di Avezzano

            Nell’ultima decade alcuni gruppi di studio, costituiti da neurorianimatori, neurochirurghi, neuroradiologi, neurologi, sotto l’egida della Società Italiana di Neurochirurgia, hanno contribuito ad elaborare un protocollo diagnostico-terapeutico per il trauma cranico.

            I traumi cranici sono stati suddivisi in tre gruppi in base allo stato neurologico, al momento del trauma, secondo la Glasgow Coma Scale (GCS):

 – Traumi cranici minori (GCS = 15-14)

– Traumi cranici moderati (GCS = 13 – 9)

– Traumi cranici gravi (GCS = uguale o minore di 8)

             La possibilità che il paziente ricoverato in ospedale con GCS 15, nel giro di alcune ore, possa peggiorare sino a discendere a valori uguali o inferiori a 8, ed eventualmente richiedere intervento chirurgico, dimostra come tutti i traumi cranici devono essere attentamente valutati all’ingresso ed osservati clinicamente per almeno 24 ore.

            A tale proposito vanno considerati attentamente i fattori di rischio per i pazienti con trauma cranico lieve (alcolismo, tossicodipendenza, epilessia, precedenti interventi chirurgici, encefalopatie) i quali possono far insorgere complicanze tali da far discendere bruscamente il punteggio Glasgow fino alla necessità di indicazione chirurgica.

            Nei traumi cranici minori e moderati solo la progressiva discesa dei valori GCS o la positività di segni neuroradiologici richiedono l’intervento del neurochirurgo; nei traumi cranici gravi il paziente è sempre ricoverato in ambiente intensivo o neurochirurgico.

            Nella valutazione del paziente con trauma cranico grave il neurochirurgo deve tenere conto dei seguenti parametri:

GCS e sua evoluzione nell’immediato, tenendo in maggior considerazione la funzione motoria ed i riflessi pupillari
Quadro neuroradiologico (TC – RMN)
Monitoraggio dell Pressione Intracranica (PIC) e della Pressione di Perfusione Cerebrale (PPC).
Altri parametri, pur raccomandati da molti, come il timing chirurgico e l’indicazione alla rimozione dei tessuti necrotico emorragici, rimangono ancora oggetto di controversia.

            Il paziente con trauma cranico grave può presentare vari tipi di lesioni anatomopatologiche, che vanno dal focolaio lacero-contusivo cortico-sottocorticale sia in sede d’impatto che a distanza (lesione da contraccolpo), all’ematoma epidurale o sottodurale acuto, al rigonfiamento cerebrale diffuso (brain swelling). Tali lesioni, evidenziate dalla TC, devono essere monitorizzate nel tempo, in rapporto alla evoluzione della GCS, ai fini di una eventuale terapia chirurgica.

            Sono stati stabiliti alcuni valori di riferimento neuroradiologici, comunque da integrare con valori clinici e strumentali (PIC e PPC): costituiscono elementi di sicura indicazione chirurgica lo spostamento della linea mediana superiore a 5 mm ed il volume di ematoma intracranico superiore a 25 cm3. Così come valori di PIC superiori a 20 mmHg e/o di PPC inferiori a 70 mmHg per un tempo superiore a 15 minuti, costituiscono sicuri elementi indicativi di una rapida terapia chirurgica. E’ ovvio che la terapia chirurgica mirerà all’evacuazione di ematomi o, in caso di focolai lacero-contusivi, all’asportazione del maggior volume degli stessi, tenendo conto delle aree critiche cerebrali. Laddove sussista edema cerebrale diffuso, dopo aver tentato tutti i presidi neurorianimatori, a fronte di un progressivo deterioramento della PIC e della PPC, potrà essere presa in considerazione una craniotomia estesa uni o bilaterale, con apertura della dura, con o senza decompressione interna (lobectomia). Il rigonfiamento cerebrale diffuso associato a forte ipertensione endocranica è dovuto all’aumento del volume ematico cerebrale (iperemia) associato ad edema a sua volta causato dall’alterazione della barriera emato-encefalica. L’aumento del volume ematico produce un aumento della pressione intravascolare a livello capillare, con riduzione della compliance cerebrale. L’associazione di ipossia, ipercapnia, ipertermia e stasi venosa, sono fattori scatenanti l’aumento del volume ematico. La riduzione del volume ventricolare, la scomparsa delle cisterne anteriori al tronco e/o del terzo ventricolo sono i segni neuroradiologici patognomonici di tale sindrome.

            L’importanza del timing chirurgico si rileva, meglio che in altre situazioni, nella chirurgia dell’ematoma extradurale, che, come è noto, origina dalla rottura dell’arteria meningea media o posteriore, quasi sempre accompagnato da frattura cranica, responsabile della nota sindrome del paziente che “parla e muore”. In questo caso vengono posti in evidenza aspetti rilevanti:

–         l’importanza della conoscenza, in un trauma cranico lieve o moderato, di una frattura cranica

–         obbligo dell’esecuzione di una TC in tale evenienza

–         obbligo del ricovero anche di fronte ad un GCS elevato

–         controllo clinico attento e TC di controllo a 6 ore ed a 12 ore

–         di fronte ad un paziente portatore di fattori di rischio si impone un ulteriore controllo TC a 24 ore

L’ematoma extradurale in fossa cranica posteriore presenta il massimo rischio, per cui l’atteggiamento chirurgico deve essere il più precoce possibile.

             L’indicazione chirurgica in caso di ematoma subdurale acuto, come per le altre lesioni chirurgiche intracraniche, è assoluta quando sussiste shift di oltre 5 mm dalla linea mediana o un volume superiore a 25 cm3. Il meccanismo lesivo in tale evenienza non sembra essere comunque solo quello compressivo, bensì è legato anche all’azione di cataboliti del sangue ed alla loro neurotossicità nei confronti di strutture corticali limitrofe. Quando infatti esiste un discreto shift a fronte di un modesto versamento subdurale acuto, la prognosi rimane sfavorevole (brain swelling factor). In tali casi l’ematoma subdurale acuto associato a focolai lacero-contusivi che spesso devono essere asportati, costituisce una entità anatomopatologica ad alto rischio di mortalità. Si sottolinea a tale proposito che l’ematoma subdurale acuto è molto spesso associato al danno assonale diffuso.

            In conclusione l’indicazione alla terapia chirurgica nei traumi cranici gravi è dipendente dalla indicazione clinica (GCS) e neuroradiologica (shift linea mediana, volume della lesione emorragica,  o da rigonfiamento cerebrale con grave ipertensione endocranica resistente alla terapia ventilatoria e/o farmacologica). La continua valutazione della PIC e della PPC in tale patologia assume una importanza fondamentale. Il timing chirurgico, la decompressione più ampia possibile del parenchima cerebrale, l’asportazione di tessuto cerebrale malacico-necrotico nella chirurgia dei focolai lacero-contusivi, è ancora per alcuni aspetti oggetto di discussione.