TRASPORTO DI OSSIGENO E MICROCIRCOLO
Pierpaolo Giomarelli (Università di Siena ).
Da molti anni le relazioni intercorrenti tra l’ossigenazione,l’emoglobina (Hb) ,il cardiac outpout (CO) e l’utilizzo tissutale dell’ossigeno continuano ad appassionare i ricercatori e chiunque si occupi dei malati critici e della formazione di operatori sanitari adeguatamente preparati.
Il DO2 (Oxygen Delivery ) è il prodotto del CO per il contenuto in ossigeno del sangue arterioso (CaO2) facilmente ricavabile dalla concentrazione di Hb ,dalla saturazione in ossigeno della stessa e da una costante che riflette la capacità dell’Hb di legarsi all’ossigeno : indica la quantità totale di Ossigeno che viene messa a disposizione di tutti i tessuti di un organismo vivente.
Nonostante anni di studio non conosciamo ancora completamente la relazione intercorrente tra DO2 e VO2 che può essere espressa anche come rapporto tra CaO2/CvO2 ,dove il contenuto venoso di ossigeno viene misurato a partire dalla saturazione in ossigeno del sangue venoso misto. DO2/VO2 e CaO2/CvO2 rappresentano la quota di ossigeno estratta e utilizzata dai tessuti (O2ER) ed a lungo si è parlato di condizioni di dipendenza del consumo di ossigeno tissutale dal DO2 per concludere che probabilmente questa dipendenza può essere un artefatto matematico dal momento che i due parametri vengono calcolati a partire dalle stesse variabili . Viene comunque accettata l’importanza di una soglia critica di DO2 al di sotto della quale si passa dal metabolismo aerobico a quello anaerobico , ma questa soglia non è ben conosciuta nell’uomo sia sano che malato ed una “adeguata ossigenazione tissutale “ rimane per i clinici un concetto non completamente chiarito.(Levy etc .) La soglia anaerobica coincide con la comparsa di acido lattico nel plasma e riferita al VO2 e al VCO2 durante sforzo misurati alla bocca oppure a vari livelli di O2ER ; varia da individuo ad individuo e con differenti livelli di allenamento ma varia anche in numerose patologie , ad esempio lo scompenso di cuore o la sepsi.
Nella sepsi in particolare la soglia anaerobica può corrispondere ad una O2ER molto più bassa (anche 40 o 30% ) e ad un DO2 superiore ai 350 ml/m2 di sc.
Questi concetti hanno avuto come logica conseguenza il tentativo di mantenersi al disopra del valore soglia di DO2 (quando cioè può comparire metabolismo anaerobico) incoraggiando la “goal directed therapy “ con frequenti buoni risultati se precoce (early ) e con risultati molto più controversi se intrapresa più tardivamente (late) .
DO2 r ( Regional Oxigen Delivery)
Le conseguenze dell’ipossia tissutale si manifestano clinicamente come danno d’organo e questo ridotto apporto di ossigeno non è sempre legato ad una inadeguatezza del DO2 totale quanto ad alterazioni della distribuzione del flusso sanguigno tra un organo e l’altro ed all’interno dello stesso organo. Le richieste metaboliche dei tessuti variabili in funzione dell’attività e dello sforzo fisico e le alterazioni del tono vascolare locale sono le due fondamentali determinanti del DO2regionale . In corso di ipotensione prolungata o di sepsi la normale autoregolazione viene a cadere ,compaiono shunts periferici e conseguente ipossia nonostante che il DO2 e la saturazione in ossigeno nel sangue venoso misto (SVO2) risulti normale o aumentata.
La microcircolazione regionale è il risultato di una complessa interazione dell’endotelio ,del sistema neuroendocrino metabolico e degli agenti farmacologici. L’endotelio non costituisce solamente una barriera tra sangue e tessuti ma è in grado di modulare la migrazione dei leucociti,l’angiogenesi,la coagulazione ed il tono vascolare rilasciando sia fattori vasocostrittori come l’endotelina che vasodilatatori come l’ossido nitrico ,la prostaciclina e l’adenosina e può essere lui stesso danneggiato dai processi infiammatori . L’attivazione dei neutrofili ed il danno endoteliale stanno alla base della microtrombosi capillare che è una frequente causa di ipossia tissutale e di necrosi ; agendo sul sistema coagulativo in senso antitrombotico con l’impiego della Proteina C attivata è possibile migliorare l’outcome dei pazienti.
A livello della circolazione splacnica la perfusione si riduce in risposta a vasocostrittori endogeni presenti in determinate condizioni fisiopatologiche ; la mucosa intestinale ,compromessa dall’impossibilità di mantenere una nutrizione enterale ,consente una traslocazione di endotossina e forse di batteri che possono determinare ulteriori danni endoteliali . Pur aumentando il DO2 è difficile normalizzare in questi casi il flusso capillare ed anzi i farmaci impiegati per mantenere il CO a livelli adeguati possono accentuare le alterazioni del tono vascolare . Si assiste nel tempo ad una molteplicità di conclusioni sull’impiego di farmaci alfa o beta stimolanti e di farmaci vasodilatatori legate alla difficoltà di un reale controllo distrettuale degli effetti di questi farmaci sul flusso ematico .
L’ipossia cellulare è anche il risultato di una aumentata distanza tra i capillari come avviene nella alterazione della permeabilità con una elevata fuoriuscita di liquidi nell’interstizio ed è responsabile di una maggiore mortalità nei pazienti con ipossia ipossiemica (bassa PaO2) piuttosto che nell’ipossia stagnante ed anemica (ridotto DO2) . L’importante ruolo svolto dall’edema interstiziale impone una grande attenzione nella somministrazione di sangue ,di sostituti plasmatici e di cristalloidi in modo da evitare da una parte una riduzione della perfusione tissutale conseguente ad una riduzione assoluta o relativa della massa circolate ma d’altra parte ad un eccessivo e/o inappropriato apporto di liquidi con aumento della quota interstiziale. Si va affermando il concetto che la pressione venosa centrale e la pressione di occlusione capillare non costituiscono sempre una guida corretta al riempimento, sostituiti con maggiore efficacia dalle variazioni dello stroke volume, dalle oscillazioni della pressione sistolica sistemica e polmonare e dalle indicazioni ricavabili dalle immagini ecococardiografiche del flusso nelle vene cave superiore ed inferiore durante la ventilazione meccanica che meglio rappresentano il rapporto tra la massa circolante ed il tono e la rigidità dei vasi arteriosi e venosi.
Anche la affinità della Hb tissutale per l’ossigeno ha il suo ruolo ma di fatto la correzione della ipofosfatemia che può comparire nella chetoacidosi e nella sepsi non dà sempre i risultati attesi.
Infine nella prevenzione del danno ipossico occorre tener presente anche la diversa sensibilità all’ipossia dei neuroni, dei cardiomiciti, dei tubuli renali e delle cellule caratterizzanti tutti gli altri distretti corporei e delle modificazioni dei sistemi enzimatici che si possono mettere in evidenza specialmente nei pazienti settici.
Riconoscimento di un DO2 inadeguato
Il valore dei lattati nel sangue costituisce a tutt’oggi il parametro indicativo di ipossia tissutale e quindi di metabolismo anaerobico : rappresenta il bilancio tra la produzione tissutale ed il consumo epatico e in certi casi cardiaco e del muscolo scheletrico ma non è corretto pensare che una “supply dependence “ patologica sia presente solo quando la concentrazione dei lattati sia in crescita .Il monitoraggio continuo del DO2, del consumo di O2, della produzione di CO2 e quindi del Quoziente Respiratorio alla bocca oltre che il rapporto tra dPv-aCO2/ da-vO2 possono dare indicazioni più attendibili ed immediate del metabolismo tissutale e quindi del rischio ipossico, ma è certo che l’obbiettivo è quello di misurare questi indicatori a livelli distrettuale come è attualmente ottenibile,anche se con indicazioni non sempre univoche, con la tonometria gastrica.
La spettroscopia NMR potrà sicuramente fornire a breve misure non invasive dello stato energetico tissutale , dell’utilizzo dell’ossigeno e costituire la soluzione futura del nostro problema.
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Bibliografia consigliata
1)Levy M. Pathophysiology of oxigen delivery in respiratory failure Chest 2005 :128 ,547 S
2)Treacher DF ,Leach RM Oxigen Transport -1 .Basic principles BMJ 1998 ;317 :1302
3)Treacher DF ,Leach RM Oxigen Transport -2 .Tissue hypoxia BMJ 1998 ;317 :1370
4)Leach RM ,Treacher DF The pulomary physician in critical care .2 :oxygen delivery and consumption in the critically ill Thorax 2002 ;57 :170
5)Franchi F et All. Oxygen delivery to CO2 production ratio for continuosly detecting anaerobic metabolism in trauma patients. Intensive Care S. 27 ISICEM