Tecniche di tracheostomia percutanea

Tecniche di tracheostomia percutanea
Giulio Frova
Dipartimento di Anestesia e Rianimazione
Spedali Civili, Brescia

Abstract
La procedura percutanea per dilatazione (TPD) è la tecnica di scelta per eseguire la tracheotomia nei pazienti ricoverati in terapia intensiva. Il razionale per il suo sviluppo è stato l’eliminazione delle complicanze più gravi che la metodica chirurgica tradizionale aveva comportato fino agli anni ’80 e la riduzione della frequenza di quelle minori, come l’infezione e la cicatrice antiestetica persistenti nei decenni successivi. La possibilità di eseguirla al letto del paziente critico e intrasportabile, la riduzione dei costi e della durata dell’intervento, il fatto di non richiedere una particolare esperienza chirurgica negli operatori e la soddisfazione dei pazienti per il risultato estetico ne hanno inoltre facilitata la diffusione e la sua precoce esecuzione in reparto.

Molte sono state le tecniche proposte in 20 anni, ma solo alcune continuano ad essere utilizzate. Con l’eccezione del primo tentativo di tracheotomia percutanea proposto da Shelden et al. nel 1955, che veniva eseguita senza filo guida e della tecnica di Fantoni del ’95 che introduce la cannula per via translaringea tirandola dall’esterno, tutte le altre metodiche sono transcervicali e prevedono   l’impiego della tecnica di Seldinger.

I confronti fatti in termini di complicanze e di difficoltà esecutiva tra le molteplici tecniche con le quali una TPD è oggi attuabile non sono di reale utilità, per la disomogeneità dei pazienti nei quali sono stati eseguiti e per mancanza di criteri comuni di valutazione delle complicanze. Il livello si sicurezza e la semplicità esecutiva dovrebbero essere i criteri più significativi di confronto a parità di risultati.

Vengono descritte le metodiche più note.
Tecnica di Griggs
Con l’obiettivo della rapidità di esecuzione, utilizza una pinza, con rebbi curvi e a punta smussa. Sono scanalati in modo da scorrere sulla guida metallica precedentemente introdotta. Dopo incisione cutanea, viene inserito in trachea un primo dilatatore corto di 14 G. Viene poi rimosso e sostituito dalla pinza, la cui apertura è duplice, prima nei tessuti e poi in trachea. Nella dilatazione dei tessuti, arriva a dilatare fino alla estremità dell’incisione cutanea. Nella dilatazione tracheale, anche se manovrata con una sola mano, può arrivare ad aprire la trachea trasversalmente fino al diametro massimo. La tecnica, usata spesso senza endoscopia, nasce con l’obiettivo della rapidità di esecuzione abbinata a maggior protezione della parete posteriore e meno false strade di tecniche precedenti che hanno usato la pinza.

La rapidità di esecuzione non è tuttavia obiettivo fondamentale delle procedure percutanee, mentre l’ apertura trasversale della trachea, sempre maggiore del diametro della cannula da impiegare, è in realtà una dilacerazione trasversale e non consente una adesione perfetta tra cannula e tessuti  facilitando infezione e sanguinamento.

 Tecnica di Ciaglia
La metodica, ideata da Ciaglia nel 1985, adatta alla trachea i dilatatori multipli destinati alla nefrostomia percutanea. Dopo inserimento di agocannula e di guida metallica di grosso diametro, si utilizza un dilatatore iniziale corto da 11 F (verde). Una seconda guida in Teflon da 8 F aumenta la sicurezza offerta dalla sola guida metallica. Su entrambe vengono fatti scorrere 7 dilatatori seriali a punta curva fino a 36 F ( il 38 F è fornito a parte). L’incisione classica è verticale di 10-15 mm. La tecnica, nata per essere eseguita al letto, in anestesia locale e senza controllo endoscopico, ha subìto nel tempo migliorie destinate ad aumentarne la sicurezza, come l’anello sulla guida in Teflon che impedisce al dilatatore di arrivare alla guida metallica, e il rivestimento idrofilico della parte conica dei dilatatori. La tecnica è ancora largamente utilizzata, ma ha sia gli inconvenienti delle metodiche che spingono anteriormente per raggiungere la via aerea, sia quelle legate all’ impiego di dilatatori multipli, come la perdita di ventilazione durante la loro estrazione e il potenziale stillicidio di sangue tra i dilatatori. Il tempo di dilatazione reale (sosta del dilatatore tra i tessuti) è molto esiguo, per cui lo stoma tende ogni volta rapidamente a chiudersi dopo l’estrazione del dilatatore. L’introduzione della cannula offre difficoltà con le incisioni cutanee limitate utilizzate in Italia.

Della metodica originale di Ciaglia esistono delle varianti basate sempre sull’impiego di dilatatori seriali. La metodica Percuquick ™ è una variazione perfezionata.

Tecnica di Ciaglia Blue Rhino™
La nuova tecnica di Ciaglia elimia i dilatatori seriali dilatando in unica manovra, mediante un cono ricurvo e affusolato con punta morbida gommosa che viene avanzato sulla guida metallica e sulla guida di Teflon progressivamente fino ad una tacca nera che corrisponde sulla cute ad una dilatazione tracheale di 12,6 mm. La manovra è facilitata dall’attivazione in acqua del rivestimento idrofilico. La lunghezza dell’incisione cutanea condiziona la resistenza al suo inserimento e quindi la forza di spinta. La tecnica inizialmente descritta prevedeva, prima di inserire l’ago e la guida, una incisione cutanea di 20 mm e la dissociazione per via smussa dei tessuti sottocutanei fino alla via aerea. Dopo la puntura tracheale, sulla guida metallica viene fatto scorrere un primo dilatatore corto da 14 F seguito dalla seconda guida in Teflon, caratteristica della tecnica di Ciaglia. Solo a questo punto il dilatatore Blue Rhino viene inserito in trachea con unica manovra progressiva, rimosso e seguito poi dalla cannula montata su un introduttore di misura adatta allegato al set. Se la stessa procedura viene fatta iniziando con la puntura cutanea e tracheale seguita da una incisione ridotta (< 1 cm), come si usa in Italia, la tecnica diventa veramente una percutanea e non una tecnica mista, chirurgica mininvasiva e percutanea.

La nuova procedura di Ciaglia resta comunque una tecnica sicura e relativamente facile da eseguire. Pur eliminando gli inconvenienti dei dilatatori multipli, richiede tuttavia una spinta introduttiva variabile in funzione del paziente e del taglio praticato e, ovviamente, in funzione della eventuale preliminare mini-aggressione chirurgica.

 Tecnica di Frova
Il set denominato Percutwist™ è stato introdotto sul mercato nel 2002. La tecnica impiega una metodica diversa dalle precedenti, in quanto l’effetto dilatante è ottenuto mediante rotazione progressiva e graduale di un dilatatore filettato sotto controllo endoscopico continuo. Dopo inserimento dell’agocannula e del filo guida indifferentemente tra cricoide e 1°, 1° – 2° e 2° – 3° anello, viene fatta una corta incisione verticale (8 mm circa). La vite dilatante, previa attivazione del film idrofilico, viene ruotata in senso orario e fatta gradualmente penetrare, seguendo la direzione della guida metallica, nei tessuti senza esercitare alcuna spinta. Dopo alcuni giri, è possibile proseguire la rotazione sollevando con due dita il dilatatore stesso e quindi allontanando la parete anteriore della via aerea dalla posteriore. In un tempo variabile (45” – 1 min), la punta della vite compare in trachea. La sua progressione viene continuata inclinando leggermente verso il mento il dilatatore sotto controllo visivo finchè l’intera parte conica è penetrata (6-7 spire) all’interno. Viene a questo punto ruotata in senso inverso senza trazioni fino all’estrazione. Sul filo guida viene poi fatta scorrere la cannula lubrificata e montata su introduttore adatto. Tecnica semplice e sicura, richiede l’acquisizione di una certa specifica sensibilità. Alla rimozione della vite, lo stoma resta esangue e beante a lungo e l’aderenza tra cannula e tessuti è ottimale. I vantaggi maggiori sono la possibilità di eseguire la procedura con testa in posizione indifferente, l’assenza di spinta sulla parete anteriore e il minimo rischio di lesione posteriore e di sanguinamento postoperatorio. I limiti sono la difficoltà nella rotazione per pelle anelastica o sovrabbondante, superabile tuttavia con l’uso di un accessorio che ingrandisce il diametro del manico e la rara necessità di cambiare tecnica o integrarla con altri strumenti quando la distanza tra cute e trachea è abnorme (>4,5 cm).

Tecnica di Fantoni
A differenza delle tracheotomie transcervicali, nella tecnica translaringea la dilatazione e il posizionamento della cannula avvengono dall’interno all’esterno. Il set TLT™ è dotato di una cannula speciale armata, flessibile e dotata ad un’estremità di un cono plastico semirigido a punta metallica. Dopo l’inserimento dell’ago, lo scorrimento del filo guida e il suo recupero dalla bocca, il cono viene collegato al filo che viene trazionato dall’esterno al punto d’ingresso nel collo. Dopo la sua fuoriuscita, il cono viene tagliato e viene spinto verso la carena l’estremo cuffiato della cannula. La tecnica originale è stata modificata per abolire la fase di apnea ed eseguirla con fibroscopia flessibile nel paziente intubato.

L’obiettivo teorico della metodica è la riduzione del trauma anteriore sulla parete della trachea, tipico di altre metodiche, sia nella fase dilatante sia nella introduzione della cannula. Secondo obiettivo è di ridurre al minimo il rischio di falsa strada posteriore. L’aderenza tra tessuti e cannula è alla fine ottimale. E’ tecnica eseguibile da due soli operatori e a basso tasso di complicanze, ma che richiede una fase di apprendimento di durata non indifferente. La gestione della via aerea, sia durante la procedura, sia successivamente è più complessa di altre e richiede esperienza specifica. Altri limiti della metodica sono la cannula speciale con distanza cuffia-punta minore di quella prevista dagli standard, difficoltà di estrazione del cono, inconvenienti col recupero del filo e nel reinserimento della cannula nel lume della trachea. E’ poco indicata inoltre in caso di difficoltà laringoscopica, nei soggetti a PIC instabile e nel broncopneumopatico cronico da inviare precocemente a domicilio.

Le metodiche percutanee a dilatatore singolo (Griggs, Ciaglia Blue Rhino, Fantoni, Frova) hanno sostituito gradualmente in terapia intensiva la tecnica chirurgica, perché più facili da eseguire, più veloci, applicabili più precocemente, con minor impegno infermieristico successivo e soprattutto con meno infezioni e meno cicatrici antiestetiche. In particolare le tecniche che si concludono con aderenza estrema tra cannula e tessuti comportano meno sanguinamento e minor rischio di infezione, ma sono potenzialmente a rischio in caso di fuoriuscita della cannula in ambiente non rianimativo. Andrebbero riservate al paziente ricoverato in terapia intensiva anche dopo la tracheostomia. La tecnica chirurgica è di conseguenza ancora una metodica proponibile in una fascia selezionata di pazienti e ancora indispensabile nel bambino più piccolo.
E’ opportuno che tutte le metodiche percutanee, prescindendo dalla tecnica usata, vengano fatte in anestesia generale e ossigeno puro, monitorizzando completamente il paziente. Indispensabile è inoltre il ricorso alla endoscopia continua durante la loro esecuzione.