Segni e sintomi di trauma spinale

Segni e sintomi di trauma spinale

Il primo sintomo è il dolore; si presenta spontaneo, riferito alle regioni
cervicale
dorsale
lombare
sacrale,
o conseguente al movimento del collo o del tronco, o, infine, è ottenuto dalla palpazione della colonna.
Ulteriori segni rilevanti sono:
le deformità della colonna vertebrale
la rigidità e l’atteggiamento di difesa dei muscoli del collo e del dorso
la presenza di paralisi, paresi, intorpidimento o formicolio a livello degli arti, successivamente al trauma
segni e sintomi di shock spinale
priapismo nei maschi.
Esame della sensibilità e della motilità
Si basa sull’esame dei dermatomeri e dei miomeri.
I dermatomeri sono aree cutanee innervate dal fascio sensitivo di una singola radice dorsale di un nervo spinale. Sono utilizzati per determinare il livello della lesione e per valutare l’evoluzione del quadro neurologico. Il livello sensitivo si riferisce al dermatomero con funzionalità sensoriale conservata più caudale. Semplici riferimenti topografici indicano in modo sufficiente la sede della lesione:
C5: area sopra il deltoide
C6: pollice
C7: dito medio
C8: dito mignolo
T4: capezzoli
T8: apofisi tifoide
T10: ombelico
T12: sinfisi pubica
L4: lato mediale del polpaccio
L5: membrana interdigitale tra 1° e 2° dito del piede
S1: margine laterale del piede
S3: area della tuberosità ischiatica
S4 ed S5: regione perineale.
I miomeri rappresentano l’innervazione di alcuni muscoli o gruppi muscolari, riferita ad una singola radice spinale. I reperi più importanti sono:
C5: deltoide
C6: estensori del polso (bicipite, estensore radiale lungo e breve del carpo)
C7: estensori del gomito (tricipite)
C8: flessori del dito medio (flessore profondo delle dita)
T1: abduttori del mignolo
L2: flessori dell’anca (ileopsoas)
L3 – L4: estensori del ginocchio (quadricipite e riflesso patellare)
L4 – L5 – S1: flessori del ginocchio (muscolo popliteo)
L5: flessori dorsali del piede e dell’alluce (tibiale anteriore ed estensore lungo dell’alluce)
S1: flessori plantari del piede (gastrocnemio e soleo).
Classificazione delle lesioni midollari
La classificazione delle lesioni midollari si basa sul livello, sulla gravità del deficit neurologico, sulla sindrome midollare e sulla morfologia.
Il livello è definito dal segmento midollare più caudale con funzionalità sensoriale e motoria conservata bilateralmente:
il livello sensoriale indica il segmento più caudale del midollo spinale con funzione sensoriale integra;
il livello motorio indica il muscolo più distale di riferimento con punteggio di forza motoria di almeno 3/5.
Nell’ambito preospedaliero del soccorso al politraumatizzato critico con instabilità delle funzioni vitali, nel corso dell’espletamento della valutazione rapida iniziale, si può operare una prima, semplice distinzione tra lesioni sopra e sotto T1:
i primi 8 segmenti del midollo spinale provocano tetraplegia
al di sotto di T1, provocano paraplegia.

Scala della forza muscolare
La gravità del deficit neurologico di una lesione mielica si basa sulla ricerca di ogni attività motoria e sensoriale preservata, al di sotto del livello della lesione: in particolare, la persistenza di sensibilità, senso della postura, movimento volontario degli arti inferiori, il risparmio sacrale, indica che il danno è incompleto.
Le sindromi midollari, centrale, anteriore, di Brown-Séquard, di cui già si è detto, presentando quadri neurologici caratteristici, ne sono un esempio tipico.
La morfologia delle lesioni della colonna include un’ampia serie di quadri a partire dalle fratture e lussazioni fino a lesioni midollari con o senza anomalie morfologiche e ferite penetranti. La stabilità di una lesione rachidea non è facile da determinare; per tale motivo, durante il trattamento preospedaliero e quello iniziale intraospedaliero con evidenza di immagine radiologica di lesione o in presenza di un deficit neurologico, il paziente deve essere considerato portatore di lesione instabile di colonna.
Indicazioni all’immobilizzazione del rachide
La dinamica del trauma è il primo e più importante indicatore all’immobilizzazione. Il punto critico è l’utilizzo di un buon giudizio clinico sulla base di un algoritmo ragionato: se sussiste un minimo dubbio, è indispensabile immobilizzare il rachide in toto.
Nei traumi penetranti, la presenza di una lesione mielica è da considerare certa se coesistono segni e sintomi neurologici (intorpidimento, parestesie, perdita della funzione sensitiva e motoria) o se il soggetto presenta un ridotto livello di coscienza; se segni e sintomi sono assenti può non essere ragionevolmente evitata l’immobilizzazione.
Nel trauma chiuso, invece, una serie di condizioni impongono comunque l’immobilizzazione:
l’alterato livello di coscienza (reazioni da stress, lesione cerebrale traumatica, stato mentale precedentemente alterato),
dolore riferito alla colonna
deficit o alterazione neurologica
deformità anatomiche della colonna
inattendibilità del paziente (intossicazione, lesioni distraesti, barriere di comunicazione)

Trattamento
La gestione del traumatizzato vertebrale non può prescindere da una globale valutazione e rianimazione del traumatizzato, non focalizzata unicamente sulla lesione vertebrale. L’evenienza di un trauma vertebro-midollare isolato, è abbastanza rara, mentre, assai frequentemente, coesistono lesioni agli altri distretti corporei:  cranio, torace, addome, bacino ed arti. Un quadro di tale rilevanza clinica rientra a pieno titolo nella tipica gestione avanzata del politraumatizzato, consistente in valutazione e trattamento dei deficit delle funzioni vitali, immobilizzazione globale della colonna, protezione termica, monitoraggio completo.
I tre cardini della gestione avanzata consistono nella stabilizzazione della ventilazione e dell’assetto emodinamico, e nell’immobilizzazione della colonna.
Le linee guida di approccio al politraumatizzato, dopo corretta valutazione e messa in sicurezza dello scenario, stabiliscono i seguenti passi procedurali sul teatro dell’evento, prima di iniziare il trasporto verso l’ospedale:
1.immediata immobilizzazione in asse ed in posizione neutra del capo mediante supporto manuale continuativo ;
2.valutazione primaria e contestuale attuazione degli interventi di stabilizzazione di base ed avanzati delle funzioni vitali, per superare le condizioni pericolose per la vita;
3.controllo della funzionalità motoria, sensoriale e circolatoria dei quattro arti, in assenza di un immediato rischio evolutivo o di criticità clinica del soggetto particolarmente elevata;
4.valutazione della regione cervicale del traumatizzato con applicazione di idoneo collare cervicale;
5.applicazione di appropriato presidio di immobilizzazione del tronco, specie in caso sia necessaria l’estricazione da un veicolo o da situazione logistica complessa, o del paziente in toto su tavola spinale lunga; le manovre di estricazione rapida (PHTLS) e quelle di emergenza (Rautek e similari) devono essere utilizzate solo in caso di reale rischio evolutivo o per rapido deterioramento del quadro clinico per instabilità delle funzioni vitali;
6.assicurazione del tronco al presidio di immobilizzazione per evitare movimenti longitudinali e laterali;
7.eventuale inserimento di spessori sotto il capo, il tronco o altri segmenti corporei per mantenerne la posizione neutra ed allineata in asse, senza forzare in iperestensione o iperflessione;
8.immobilizzazione in posizione neutra della testa;
9.immobilizzazione degli arti inferiori, eventualmente in associazione a steccobende ed assicurazione degli arti superiori al presidio;
10.completamento del monitoraggio e protezione termica;
11.ripetizione completa della valutazione primaria con eventuale ulteriore implementazione delle manovre di stabilizzazione e ricontrollo della funzionalità motoria, sensoriale e circolatoria degli arti.
Il trattamento generale prevede quindi i seguenti punti:
1.l’immobilizzazione su tavola spinale lunga, con punti di fissazione al di sopra ed al di sotto della sede dubbia; l’immobilizzazione deve essere mantenuta in posizione neutra senza rotazioni o flessioni, fino a sicura esclusione radiologica della lesione; in presenza di deformità non deve essere assolutamente tentata alcuna riduzione. Occorre porre estrema attenzione nei bambini, in cui l’unico sintomo può essere rappresentato dal torcicollo, e negli anziani, portatori di patologie degenerative midollari conseguenti a cifosi non traumatica e deformità angolari; per questi ultimi, l’immobilizzazione su tavola spinale, deve essere effettuata nella posizione per loro più confortevole con l’utilizzo di imbottiture aggiuntive, evitando allineamenti, specie se producono dolore. Il collare cervicale semirigido è un presidio indispensabile per l’immobilizzazione della colonna cervicale, ma non assicura una completa stabilizzazione: è necessario associare al collare cervicale l’immobilizzazione manuale e su tavola spinale lunga con apposito sistema di cinghiaggio; tutto ciò deve essere mantenuto prima e durante il trasporto fino alla presa in carico da parte del personale ospedaliero. Il paziente può essere irrequieto, agitato o violento in conseguenza di dolore, confusione mentale secondaria a ipossia, ipotensione, acidosi, abuso di alcolici e droghe o per alterazioni primitive della personalità: può essere necessario attuare sedazione, analgesia o narcosi endovenosa con curarizzazione, garantendo prioritariamente il controllo delle vie aeree e l’adeguata ventilazione. In Pronto Soccorso lo spostamento dalla tavola spinale su lettino rigido deve essere attuata precocemente, nel corso della valutazione secondaria, durante la manovra di log-roll per l’esame della parte posteriore del tronco: questa manovra deve essere pianificata ed attuata correttamente con l’impiego di quattro o più persone, in base alla struttura corporea del paziente, mantenendo l’allineamento in posizione neutra dell’intera colonna, prevenendo i movimenti di rotazione, flessione, estensione e curvatura laterale dei segmenti ossei, del torace e dell’addome.
2.il controllo delle vie aeree e della ventilazione è la prima e cruciale priorità nella gestione preospedaliera di ogni politraumatizzato, compreso il vertebro-midollare; esso è rappresentato da due cardini: garantirne la pervietà, simultaneamente alla stabilizzazione della colonna cervicale in posizione neutra ed il supporto ventilatorio parziale o totale con FiO2 = 1.0, in rapporto alla validità o insufficienza del respiro ed alla necessità di sedazione e curarizzazione; la pervietà viene garantita con tecniche essenziali – pulizia manuale, manovre quali il “trauma jaw thrust o chin lift”, l’aspirazione, posizionamento di cannula orofaringea o nasofaringea – ed avanzate – maschera laringea, tubi a doppio lume, intubazione tracheale orale o nasale, con o senza assistenza farmacologica, l’approccio per cutaneo transtracheale e la cricotirotomia chirurgica. Particolare importanza, secondo alcune scuole di pensiero, riveste la tecnica dell’intubazione tracheale alla cieca nei vertebro-midollari con coscienza integra e respiro spontaneo conservato, mentre l’intubazione farmacologicamente assistita, riservata a medici particolarmente esperti, è una metodologia di necessità da utilizzare quando l’approccio diretto sia impossibile o possa rivelarsi dannoso (coesistenza di un trauma cranico e rischio di nefasto aumento della PIC).
3.l’infusione di liquidi che segue le regole per il supporto cardiocircolatorio di ogni politraumatizzato; lo shock ipovolemico da massiva emorragia può essere agevolmente contrastato infondendo per via periferica di grosso calibro, cristalloidi e colloidi, sulla guida delle classi di emorragia per un corretto ripristino dei fluidi persi. In assenza di evidente emorragia attiva, invece, l’ipotensione persistente, specie se associata a bradicardia e cute calda ed asciutta al di sotto del presunto livello di lesione rachidea, è secondaria ad uno shock neurogeno spinale conseguente alla perdita del controllo vascolare da parte del sistema simpatico. Alla infusione di liquidi, qualora l’esito non sia soddisfacente, deve essere associata l’infusione di farmaci vasoattivi, quali dopamina e noradrenalina. E’ importante non eccedere con l’infusione di liquidi per evitare l’insorgenza di edema polmonare.
4.in caso di evidente lesione midollare non penetrante, deve essere somministrato precocemente un bolo di 30-40 mg/Kg di metilprednisolone, seguito da 5,4 mg/kg/ora e protratta per 24 ore, specie se la dose di carico è somministrata entro 3 ore dal trauma; se essa è somministrata tra la terza e l’ottava ora va protratta per 48 ore; non sembra avere alcun beneficio se la somministrazione di carico iniziale avviene oltre le 8 ore dal trauma.
5.il trattamento avanzato e farmacologico deve essere sempre associato al monitoraggio strumentale puntiglioso dei parametri vitali utilizzando monitors multifunzione, con particolare attenzione al tracciato ECG, alla frequenza cardiaca, alla pressione arteriosa, alla pulsoximetria ed alla capnometria. Anche il vertebro-midollare, come tutti i traumatizzati, rischia di rendersi ipotermico, proporzionalmente al livello della lesione: è necessario garantirgli una adeguata protezione termica e, particolarmente in ambiente freddo, monitorizzarne la temperatura corporea.
6.pazienti con fratture del rachide o deficit neurologici devono essere trasferiti presso un Centro Specialistico, neurochirurgico o ortopedico, previo contatto telefonico con lo specialista, senza incorre in ritardi. Le condizioni cliniche devono essere stabilizzate ed il paziente correttamente immobilizzato su tavola spinale, con collare cervicale semirigido. E’ indispensabile, prima di iniziare il trasporto, valutare attentamente il livello di lesione: quelle al di sopra ci C6 possono comportare la perdita parziale o totale della funzione respiratoria; se sussiste il minimo dubbio, occorre garantire preventivamente il controllo delle vie aeree e della ventilazione.

Conclusioni
Il rischio di sottovalutare una lesione del rachide e di favorire l’insorgenza di un danno secondario è elevato nella gestione dei politraumatizzati in sede extraospedaliera. La conoscenza dell’epidemiologia e della dinamica delle lesioni del rachide, unitamente ad un corretto e completo piano di valutazione e stabilizzazione, consentono al medico che interviene sul traumatizzato vertebro-midollare, potenziale o ovvio, di attuare, già sul luogo dell’evento, il miglior trattamento possibile, di evidenziare un quadro clinico di sicuro riferimento per la successiva strategia di cura ospedaliera e di prevenire il danno secondario del trauma, influenzando positivamente l’outcome in termini di mortalità e morbilità.

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