Prehospital trauma care e continuità del trattamento
G. Gordini – M. Menarini
U.O. Rianimazione – 118 Ospedale Maggiore Bologna
Le esperienze condotte principalmente negli Stati Uniti dimostrano che la riduzione della invalidità e della mortalità da trauma è raggiungibile attraverso una risposta di “sistema”, ovvero una risposta che utilizza al meglio le risorse disponibili.
Le esigenze diagnostiche e terapeutiche dei traumi maggiori, urgenti, molteplici e spesso assai complesse, richiedono mezzi e risorse adeguate, un approccio multidisciplinare ed una organizzazione dedicata che integri le professionalità coinvolte.
Lo sviluppo di un sistema integrato di trattamento dei traumatizzati prevede innanzitutto trauma centers di riferimento per la rete regionale, presidi collegati e funzionalmente integrati al fine di assicurare soccorsi tempestivi e continuità di trattamento, appropriatezza del processo assistenziale nelle varie fasi dell’emergenza-urgenza.
L’obiettivo di questa review, attraverso l’analisi di quanto pubblicato di recente, consiste nella sottolineatura di alcuni elementi ai quali dedicare studi specifici che possano fornire risposte chiare e auspicabilmente definitive a problemi non risolti
La risposta ideale al trauma maggiore è il sistema traumi
Molti anni sono trascorsi dalla presa di coscienza della rilevanza del “problema trauma” negli USA e da allora sono stati compiuti passi decisivi in termini di conoscenza ed organizzazione. I modelli proposti per garantire interventi mirati e tempestivi ai pazienti sono stati numerosi, in relazione alle risorse, alle tradizioni, alla cultura medica locale, con risultati variabili in termini di efficacia ed efficienza.
L’organizzazione di un trauma system richiede alcuni elementi essenziali [1]:
1. la classificazione di tutti gli ospedali della regione in accordo al livello di cura che possono fornire
2. la definizione dei trauma centers terziari (I livello) come ospedali nei quali i pazienti con trauma maggiore vanno trattati
3. l’organizzazione di un sistema di soccorso preospedaliero in grado di fornire un trattamento qualificato al paziente sul luogo dell’evento e durante il trasporto
4. definire i protocolli di triage per il trasporto dei traumatizzati al trauma center
5. coordinare e controllare in maniera centralizzata il trattamento preospedaliero ed ospedaliero
I trauma systems sono organizzati per facilitare e coordinare il trattamento multidisciplinare al traumatizzato grave, già dalla fase preospedaliera.
Un lavoro di Mann [2] riporta: “Included studies rely on weak evidence (class III) to assess the impact of trauma systems on patient care and outcome. To date, studies assessing trauma system efficacy rely on hospital deaths as the primary indicator of effectiveness. Future research should use more sophisticated study desings (class II) and expand available outcome measures to assess the entire continuum of care, including prehospital, rehabilitation outcomes and long-term quality of life.”
E’ pertanto necessario impostare specifici progetti che, con obiettivi concreti e con una raccolta dati organica, possano consentire di ottenere solide evidenze sull’efficacia dei sistemi traumi e di indicare, per ogni sistema, gli interventi di miglioramento necessari al conseguimento delle performance prefissate.
I trauma centers
Il fulcro del sistema traumi è rappresentato dal trauma center. Esso “can be defined as a hospital where the medical staff have a commitment to provide 24 h. in house cover by surgeons, anaesthesiologist and support staff to care for trauma patients” [3].
In Italia non esistono trauma centers, ma vi sono ospedali di riferimento per il ricovero dei traumi maggiori. Tali ospedali dovrebbero avere almeno due requisiti:
1. le competenze necessarie al trattamento del trauma maggiore
2. un progetto organizzativo dedicato
Di tutti i traumatizzati, solamente una percentuale ridotta (calcolabile attorno al 15%) richiede un trattamento specialistico d’urgenza in un trauma center. Il governo degli accesi diretti al trauma center è uno dei punti più delicati per garantirne l’efficacia e l’efficienza. La necessità di evitare che pazienti critici giungano in ospedali che non sono in grado di fornire risposte adeguate, va bilanciata con quella di evitare un sovraccarico ingiustificato del trauma center.
Ragionare in termini di sistema “inclusivo”, che mira a fornire una risposta adeguata a tutti i traumatizzati (indipendentemente dalla severità delle lesioni), significa adottare strategie condivise da tutti coloro che partecipano al trattamento dei traumatizzati, con l’obiettivo di utilizzare al meglio le risorse (limitate) del trauma center. Questo significa da un lato adottare procedure di centralizzazione direttamente dal territorio (triage), e dall’altro stabilire i criteri per la centralizzazione dei pazienti che eventualmente ne abbiano necessità, dagli ospedali periferici, una volta espletate le prime procedure diagnostiche e terapeutiche. Un sistema di questo tipo richiede una consolidata base culturale, un approccio basato sulla condivisione dei principi generali di trattamento dei traumatizzati, sulle priorità diagnostiche e terapeutiche nelle varie fasi.
Altro aspetto essenziale è il modello di intervento di cui si dota il centro traumi per rispondere alle esigenze dei pazienti che vi accedono. Non è sufficiente, anche se imprescindibile, la presenza di un’emergency room (in termini di spazi ed attrezzature idonee): è fondamentale che vi sia una logica nella gestione delle prime fasi dell’emergenza. Va purtroppo rilevato che attualmente non sempre vi sono strutture che consentono di evitare al paziente numerosi spostamenti di sala e di letto (e conseguenti perdite di tempo).
E’ razionale quanto scritto da Simons [4] è sicuramente valido: “Trauma care improvement can be achieved by a multidisciplinary team focusing on the process of care, developing a dedicated trauma service to manage the more seriously injured patients, collecting then onto a single unit, and initianting program management”.
Il trauma team
E’ essenziale per un trattamento efficace e tempestivo del traumatizzato grave che venga disegnato un percorso diagnostico-terapeutico già dal momento del soccorso preospedaliero. Ciò presuppone la disponibilità di un trauma team, ovvero di una squadra di professionisti (medici ed infermieri) che secondo una precisa metodologia affronti le fasi dell’emergenza, in particolare nella “golden hour”, con priorità chiare e con competenze idonee.
Generalmente si pensa al trauma team come ad un’entità intraospedaliera. E’ nostra convinzione, supportata dai dati dell’esperienza operativa, che il trauma team ha un’appendice preospedaliera, in quanto la reale continuità del trattamento del paziente si ottiene con un solido legame fra il soccorso territoriale ed il dipartimento di emergenza. A tal proposito è assolutamente condivisibile quanto riporta Oakley [5]: “Intensive care is a process, not a location. In the critically injured patient, it should be started as early as possible without compromising or delaying emergency interventions”.
Il trauma team è guidato da un leader che è in grado di coordinare tutte le diverse fasi eliminando le perdite di tempo. Nelle realtà statunitensi il leader è generalmente un chirurgo, mentre in Italia tale ruolo da un lato non è sempre ben identificato, dall’altro può essere ricoperto da altri specialisti, anestesisti rianimatori (intensivist, anaesthesiologist).
Un compito essenziale del trauma leader è quello di coordinare particolare i vari specialisti che si susseguono nel trattamento del trauma maggiore.
La prima interfaccia è con il soccorso preospedaliero. L’argomento verrà sviluppato in seguito ed è di primaria importanza per la continuity of care del paziente con trauma maggiore.
Laddove il trauma leader non è il chirurgo, si pone il tema dell’interfaccia con i chirurghi. In modo strettamente dipendente dalla tipologia dei pazienti il trauma maggiore può richiedere un intervento chirurgico d’emergenza: molto più frequente nel caso di casistiche con elevata percentuale di traumi penetranti. La tempestività della diagnosi consente di attivare rapidamente l’équipe chirurgica e la sala operatoria. Il beneficio per le patologie tempo-dipendenti (paziente emorragico, paziente con massa endocranica in rapida evoluzione) risulta evidente.
L’interfaccia con il servizio di radiologia assume un peso rilevante. Il tema della sensibilità e specificità delle diverse tecniche di diagnostica per immagini in emergency room richiede una revisione attenta al fine di individuare ancora meglio di quanto non sia oggi il percorso diagnostico ottimale del traumatizzato nella “golden hour”. Ciò per motivi legati sia all’utilizzo del tempo, che ad alcune problematiche legate alla reale capacità di monitoraggio e di trattamento durante una fase diagnostica prolungata. Un esempio: vi sono pazienti che non hanno necessità immediate di intervento chirurgico ma che possono aver avuto emorragie importanti (polifratturato) e che sono stati trasfusi, i quali vanno incontro ad ipotermia durante l’iter radiologico talvolta prolungato. E’ preferibile in questi casi interrompere l’iter per arrivare al riscaldamento del paziente prima di riprendere l’iter diagnostico stesso. L’approfondimento dell’argomento può portare ad una migliore definizione dell’appropriatezza dei singoli esami eseguiti e consentire una impostazione che ottimizzi il rapporto cost/effectiveness della fase diagnostica. Non da ultimo occorre ricordare la necessità di interventi di diagnostica interventistica, quali una angiografia con embolizzazione arteriosa in caso di una frattura di bacino.
Il link fra soccorso preospedaliero e trattamento intraospedaliero
Non è obiettivo di questa relazione considerare la fase preospedaliera del soccorso in toto, ma considerarla nell’ottica del percorso diagnostico-terapeutico del trauma maggiore. Se non altro, per quanto riportato da Coats, pienamente condivisibile [6]:
“It is easy to understimate how long it takes to move a patient to hospital. Even for efficient emergency medical services there is a 30 – 45 minute interval between the time of the crash and arrival at hospital. The “golden hour” is therefore a prehospital event.” e più avanti “considering prehospital care separately from the rest of the trauma treatment system for road traffic casualties is an artificial distinction; the prehospital phase should be viewed as the start of a continuum of care that forms a trauma chain.”
E’ pertanto assolutamente rilevante che all’interno della programmazione del percorso diagnostico-terapeutico più razionale per il traumatizzato, venga affrontato il soccorso preospedaliero. Il livello di soccorso avanzato sul territorio (advanced life support, ALS) assume un significato se considerato all’interno di protocolli e procedure elaborati e condivisi in funzione del livello di risposta ospedaliero disponibile.
Gli studi pubblicati sull’efficacia del trattamento preospedaliero riportano risultati contraddittori, e non consentono di trarre conclusioni definitive e solide evidenze. Un recente studio di Di Bartolomeo [7], che ha considerato pazienti traumatizzati cranici gravi (AIS Cr ≥ 4) ed ISS > 15 conclude: “This study was conceived to emphasize the supposed advantages of the combined helicopter, physician and advanced life support rescue. Non increased benefit compared with the simpler rescue group (expanded basic life support, nurse staffing, ground transport) could be demonstrated.”
Uno studio di Thomas [8], che ha analizzato un database di 16699 pazienti vittime di trauma chiuso trasportati con elicottero riporta: “Crude mortality for air (9.4%) was 3.4 times (95% CI: 2.9 – 4.0, p < 0.001) that of round (3.0%) patients. In adjusted analysis, helicopter transport was found to be associated with a significant mortalità reduction (odds ratio, 0.76; 95% CI, 0.59 – 0.98; p < 0.031). The results of this study are consistent with an association between helicopter transport mode and increased survival in blunt trauma patients”.
La prima osservazione che si può fare a commento di quanto riportato sopra è che confrontare sistemi di soccorso diversi fra loro così come categorie di pazienti con differenti quadri (per fare un esempio, traumi penetranti vs. traumi chiusi; traumatizzati con o senza trauma cranico) non consente di trarre conclusioni definitive. Ancora, la valutazione del livello di intervento non può prescindere da una reale valutazione della qualità dell’intervento, ovvero dal raggiungimento degli standard prefissati. Un esempio per tutti: intubazione eseguita non vuol dire necessariamente ventilazione corretta (normocapnia nel trauma cranico grave). Una ulteriore osservazione è relativa ai tempi. Di fatto il tempo preospedaliero, soprattutto nelle realtà europee, appare lungo, in particolare per i traumi chiusi, nella maggior parte dei casi da incidente stradale. Questo senza considerare i pazienti incastrati [9]. E’ anche vero che la maggior parte dei pazienti arriva nel dipartimento d’emergenza con il trattamento di supporto vitale già eseguito, consentendo al trauma team di occuparsi immediatamente della diagnostica di emergenza, di trasfondere sangue (0 negativo), di consentire l’inizio immediato dell’intervento chirurgico (nel caso di traumi con stato di shock in particolare).
I dati analizzati supportano abbondantemente che i pazienti che più si giovano di un tempestivo inquadramento e di una trattamento “aggressivo” sono i traumatizzati con emorragia grave e stato di shock. Su questo sottogruppo di pazienti occorre investire ulteriormente in termini di studi, per arrivare a definire i criteri per la riduzione del tempo fra l’evento traumatico e l’arrivo in sala operatoria. Tale obiettivo, a nostro avviso, è raggiungibile solamente con una piena integrazione pre-intraospedaliera.
L’attivazione del trauma team
Nella nostra esperienza, l’unità operativa assicura da un lato il coordinamento intraospedaliero del trattamento del traumatizzato (trauma team propriamente detto) e dall’altro fornisce i medici dell’elisoccorso ed il coordinamento dei medici che operano sulle autoambulanze.
La peculiarità di una simile impostazione risiede nell’aver messo al centro la gestione dell’emergenza traumatica (e non) dal luogo dell’evento al trattamento definitivo (chirurgico e/o in ICU). I risultati, in termini di miglioramento dell’outcome dei pazienti critici, dimostrano la correttezza della scelta. Una specifica “cultura dell’emergenza” unita alla piena consapevolezza delle finalità degli interventi e delle problematiche che si incontrano sia sul territorio che in ospedale ha consentito di impostare un modello organizzativo conseguente, a tutto vantaggio della linearità degli interventi.
Se impostato in questi termini, l’approccio integrato al traumatizzato maggiore richiede un passaggio basilare per utilizzare le risorse nel modo più razionale e quindi efficace ed efficiente. L’inquadramento del paziente critico on scene consente di predisporre il trattamento ottimale: oltre a quanto richiesto in termini di supporto vitale (all’interno di una strategia ben definita), il medico, a conoscenza delle risorse degli ospedali di riferimento, può governare la centralizzazione del paziente con cognizione di causa. La comunicazione diretta con il team leader agevola la predisposizione di un percorso lineare nell’emergency room.
Ma quali sono i fattori che motivano la attivazione del trauma team ospedaliero direttamente dal territorio? La risposta a tale domanda ha una duplice valenza: da un lato occorre assicurare il trattamento più tempestivo al paziente realmente critico, dall’altro non sovraccaricare il trauma team con interventi inutili.
Già alcuni anni fa Shatney [10] scriveva che “Initial trauma team evaluation of hemodynamically stable blunt trauma patient victims whose only reason for trauma center transport is mechanism of injury is needlessly labor intensive and is not cost effective. E Qazi [11] per pazienti pediatrici scrive “Mechanism of injury seem to have limited value as predictors of injury severity in stable pediatric blunt trauma patients. A modified response level for these patients may prove to be safe and practical alternative to current practice”
Un ulteriore modalità di approccio alla razionalizzazione dell’attivazione del trauma team è quella proposta da Plaisier [12]: “Based on prehospital data, patients with high likelihood of serious injury were assigned to triage category 2 adn patients with low likelihood of serious injury were assigned to category 2. Category 1 patients were immediately evaluated by emergency medicine and trauma services and category 2 by emergency medicine staff […] This evaluation tool effectively predicts likelihood of serious injury, mortality, need for emergency surgery and need for rehabilitation. Patients with a low likelihood of serious may be initially evaluated by the emergency medicine service effectively and safely, thus allowing more efficient use of surgical personnel.”
Chan [13] afferma “The injured patients who were hypotensive in the out-of-hospital setting but normotensive upon ED arrival were more severely injured and had more potential for blood loss than were patients who were normotensive both in out-of-hospital setting and in the ED, Out-of-hospital hypotension may be clinical predictor of severe injury, even in face of normal ED SBP. Prospective studies are indicated to validate this hypothesis.”
A conferma di quanto sopra riportato, Franklin [14] conclude “Prehospital hypotension remains a valid indicator for trauma team activation. Even though most of the non-DOA patients (492 of 598) were stable on arrival to the ED, nearly 50% required operative intervention, and an additional 25% required intensive care unit admission. The trauma team should be activated and involved with these patients early”.
L’esperienza del nostro centro supporta molte delle conclusioni sopra riportate. In particolare, l’attivazione del trauma team si basa su criteri che identificano in maniera precisa i traumatizzati che hanno una mortalità significativamente superiore (in particolare, PAS < 90 mmHg, GCS < 9, intubated patients, RTS < 11). Per i pazienti in stato di shock la differenza in termini di miglioramento dell’outcome con un approccio basato sul’attivazione precoce del trauma team è significativa.
Vi è poi una categoria di traumatizzati che abbiamo classificato come “borderline”, i quali non hanno al momento dell’arrivo in DE una compromissione delle funzioni vitali tale da richiedere l’attivazione del trauma team, ma per il meccanismo del trauma e per le lesioni presenti vanno in ogni caso attentamente valutati. Questi pazienti vengono seguiti dai physicians working in ED i quali, nel caso le condizioni peggiorino, possono attivare il trauma team (già in ogni preallertato). Con questa procedura da un lato si è ridotto l’impegno improprio del trauma team, senza ripercussioni in termini di undertriage dei traumatizzati giunti in DE. La costruzione dei meccanismi di legame fra il pre- e l’intraospedaliero e fra il trauma team ed il DE rappresenta una soluzione di grande efficacia (in termini di qualità di cura del traumatizzato) ed efficienza (i componenti del trauma team non impegnati sul traumatizzato rimangono ad operare in ICU).
Conclusioni
L’analisi della letteratura sui sistemi traumi se da una parte sottolinea il valore di tali sistemi per quanto attiene il miglioramento dell’outcome dei gravi traumatizzati, dall’altro spinge a ricercare un approfondimento delle analisi svolte al fine di ottenere evidenze più forti a sostegno di tale conclusione.
Diversi spunti vengono suggeriti, ed in particolare si fa strada la modalità di concepire l’estensione del trauma team alla fase preospedaliera, all’interno di un percorso che consente realmente di garantire al traumatizzato una continuità di trattamento dal luogo dell’evento alla fase ospedaliera di emergenza. La diffusione della cultura dell’emergenza attraverso l’impiego del personale (medico ed infermieristico) del trauma center in ambito preospedaliero, assicura un salto di qualità nella cura del paziente. La nostra esperienza lascia intravedere una ulteriore evoluzione: il team che con l’elicottero interviene sul territorio continua a seguire il paziente nella prima fase in emergency room e fino al ricovero definitivo. Il vantaggio consiste nel fatto che il paziente viene seguito dallo stesso team, con massima riduzione della potenziale perdita di informazioni nei passaggi di consegna e soprattutto con la effettiva realizzazione della continuity of care del traumatizzato grave.
La definizione e la validazione delle modalità ottimali di attivazione del trauma team è condizione imprescindibile per poter parlare a ragion veduta di trauma system
_____________________
Bibliografia
1 – Sampalis JS, Denis R, Lavoie A et al. (1999) Trauma care regionalization : a process-outcome evaluation. J Trauma 46: 565 – 81
2 – Mann NC, Mullins RJ, MacKenzie EJ et al. (1999) Systematic review of published evidence regarding trauma system effectiveness. J Trauma 47 (suppl. 3): S25 – S33
3 – Trunkey DD (1983) Trauma. Sci Am 249: 20 – 7
4 – Simons R, Eliopoulos V, Laflamme D et al. (1999) Impact on process of trauma care delivery 1 year after the introduction of a trauma program in a provincial trauma center. J Trauma 46 : 811 – 5
5 – Oakley PA, Coleman NA, Morrison PJ (2001) Intensive care of the trauma patient Resuscitation 48: 37 – 46
6 – Coats TJ, Davies G (2002) Prehospital care for road traffic casualties. BMJ 324: 1135 – 8
7 – Di Bartolomeo S., Sanson G., Nardi G., et al (2001) Effects of 2 patterns of prehospital care on the outcome of patients with severe head injury. Arch Surg 136: 1293 – 300
8 – Thomas SH, Harrison TH, Buras WR et al. (2002) Helicopter transport and blunt trauma mortality: a multicenter trial. J Trauma 52: 136 – 45
9 – Sanson G, Di Bartolomeo S, Nardi G et al (1999) Road traffic accidents with vehicular entrapment: incidence of major injuries and need for advanced llife support Eur. J Emerg Med 6: 285 – 91
10 – Shatney CH, Sensaki K (1994) Trauma team activation for “mechanism of injury” blunt trauma victims: time for a change?. J Trauma 1994; 37: 275 – 81
11 – Qazi K, Wright MJ, Kippes C (1998) Stable pediatric blunt trauma patients: is a trauma team activation always necessary?. J Trauma 45: 562 – 4
12 – Plaisier BR, Meldon SW, Super DM et al. (1998) Effectiveness of a 2-specialty, 2-tiered triage and trauma team activation protocol. Ann Emerg Med 32: 436 – 41
13 – Chan L, Bartfield JM, Reilly KM (1997) The significance of out-of-hospital hypotension in blunt trauma patients. Acad Emerg Med 4: 785 – 8
14 – Franklin GA, Boaz PW, Spain DA et al (2000) Prehospital hypotension as a valid indicator of trauma team activation. J Trauma 48: 1034 – 7