Nursing vie aeree artificiali

Alberto Lamorgese

L’intubazione endotracheale costituisce un elemento fondamentale della pratica clinica in ambito anestesiologico, rianimatorio e nel soccorso in emergenza.

Serve a garantire l’ossigenazione e la ventilazione del paziente ma anche ad ottenere la migliore condizione per evitare inalazione polmonare con conseguente rischio elevato di lesioni ed infezioni polmonari.

Il presidio del quale ci serviamo per assicurare tale processo è il tubo endotracheale.

Le storiche sonde endotracheali in metallo riutilizzabile sono state sostituite inizialmente da quelle in gomma rossa, in silicone e attualmente da quelle in materiale sintetico monouso trasparente e meno traumatizzanti (carbonato in polivinile, polietilene, silicone).

Sulla superficie del tubo endotracheale sono stampati dei dati significativi, oltre alla marca:

  • Distanza in cm dalla punta
  • Il diametro interno in mm (ID)
  • Il diametro esterno in mm (OD)
  • Indicazione materiale monouso
  • Sigle superamento test biologici e tossicologici

I modelli sia oro-tracheali che naso-tracheali hanno sezione circolare. L’estremità distale con bisello angolato di 45° rispetto all’asse ed aperto a sinistra (becco di flauto).

Hanno una conformazione semicircolare con un raggio di circa 140 mm e sono modellati in modo da facilitare l’intubazione ma non per adattarsi alla sezione anatomica delle vie aeree, inoltre sono dotati di un repere radiopaco. Il diametro interno varia da 2 a 10 mm con una lunghezza che varia, in rapporto al diametro, tra 14 e 36 cm.

Un’altra scala di misura più utilizzata per i tubi endotracheali  è quella francese (Charrière) che si ottiene moltiplicando per 3 il diametro esterno in mm.

Gran parte dei tubi possiede un manicotto distale (cuffia 25 -30 cm H2O) a pochi mm dall’estremità distale (tubi di Murphy) e serve per annullare lo spazio esistente tra la parete tracheale e il tubo e creare un sistema a tenuta tra apparecchio di ventilazione e trachea evitando perdite di gas ed escludendo la possibilità di inalazione, quindi vista l’importanza è opportuno verificare la tenuta della cuffia prima di procedere alla tecnica di intubazione.

Esistono anche tubi senza cuffia (Magill) utilizzati soprattutto in neonatologia perché meno traumatizzanti.

In base alle esigenze si possono utilizzare anche altri tipi di tubi:

  • Tubi armati o flessometallici, con una spirale in metallo o in nylon e realizzati in PVC, lattice e gomma al silicone. Per l’introduzione richiedono l’utilizzo del mandrino o della pinza di Magill. Servono per evitare compressione e strozzature del tubo in posizioni particolari che vengono fatte assumere al paziente
  • Tubi preformati RAE (Ring-Ader-Elwyn) che hanno una curvatura prestampata che evita l’interferenza del tratto esterno col lavoro chirurgico
  • Tubi per microchirurgia laringea (LTS o MLT) con lunghezza totale e diametro di cuffia pari ad un tubo 8 ID ma disponibile nella misura 4 – 5 – 6 ID, consentono una buona visibilità laringea ma se utilizzati a lungo termine possono creare resistenze elevate per una ventilazione adeguata.

PRESIDI DI VENTILAZIONE SOPRAGLOTTICI

Molto spesso accade che per diversi motivi non sempre è possibile eseguire una intubazione endotracheale per cui la ventilazione con maschera facciale non ci consente di assicurare una ventilazione duratura ed efficace nel tempo, per cui si ricorre ad attivare la “EMERGENCY PETWAY” che si avvale dell’utilizzo di presidi relativamente nuovi, che rendono ragione del cambiamento di strategie rispetto alle procedure tradizionali.

In questo caso può essere importante la disponibilità e l’esperienza di utilizzo di:

  • Maschera laringea (LMA = Laryngeal Masck Airway)
  • Fast Track
  • COPA (cannula orofaringea cuffiata (COPA)
  • Combitube

Maschera laringea.
È una specie di conchiglia che viene introdotta sgonfia e che si posiziona esattamente davanti alla laringe. È largamente utilizzata in anestesia generale di elezione (con paziente digiuno e areflessico) in quanto evita il traumatismo provocato dal tubo tracheale e consente anche il respiro spontaneo oltre ad una buona ventilazione. Non offre nessuna protezione dal rigurgito ed anzi questo può essere provocato dalla manovra di inserimento che comporta una notevole stimolazione del retro faringe, ha comunque una minore incidenza di rigurgito rispetto alla ventilazione in maschera.

Nel complesso la maggior parte degli studiosi concorda che la LMA richiede un training meno prolungato è facile da utilizzare ed ha una minore incidenza di complicanze rispetto ad altri presidi.

Fast Track
È un dispositivo derivante dalla LMA, che permette l’intubazione orotracheale senza la necessità di muovere la testa e il collo del paziente. Trova indicazione nelle condizioni in cui è necessario il mantenimento della ventilazione durante i tentativi di intubazione, nelle situazioni in cui è essenziale mantenere l’allineamento e la posizione neutra, in caso di limitato accesso al capo del paziente o in caso di indisponibilità di personale esperto nelle pratiche di intubazione.

COPA (Cuffed Oropharyngeal Airway)
È una cannula oro-faringea cuffiata introdotta più di recente della LMA, non è altro che una cannula di Guedel dotata di una cuffia e di un raccordo per i sistemi di ventilazione (AMBU). La cuffia consente la ventilazione senza utilizzare la maschera e come la LMA l’inserimento può provocare rigurgito non evidenziabile una volta cuffiata, per questo motivo sarebbe meglio utilizzarla nel paziente areflessico.

Combitube
Ha un doppio lume, il primo all’estremità inferiore e il secondo termina con dei fori posizionati tra due cuffie che ritrovano una all’estremità distale e l’altra più prossimale che si posiziona in faringe. Può essere utilizzato sia se posizionato in esofago (ventilando dal lume prossimale), sia se posizionato in trachea (ventilando dal lume distale) per cui una volta posizionato il combitube è indispensabile l’auscultazione per decidere quale dei due lumi utilizzare per la ventilazione. Questo presidio garantisce un’ottima protezione delle vie aeree sia se posizionati in esofago che in trachea, richiedono però notevole manualità ed esperienza ed un training prolungato.

GESTIONE VIE AEREE DIFFICILI

  • TTJV (trans tracheal jet ventilation)
  • Trachlight
  • Introduttore di Frova
  • Broncoscopio a fibre ottiche

TTJV (trans tracheal jet ventilation)
Le indicazioni all’uso di questa tecnica sono costituite dall’impossibilità di effettuare l’intubazione endotracheale in situazioni disperate infatti è uno degli interventi più rapidi ed efficaci. L’accesso alle vie aeree avviene per il tramite di un ago cannula (14 – 16 G) inserito attraverso la membrana cricotiroidea con direzione verso il basso angolato di 45° rispetto alla cute e connesso al circuito di ventilazione con una fonte di ossigeno pressurizzato.

Trachlight
Utilizza un introduttore con una luce finale inserito all’interno di un tubo endotracheale trasparente. È indispensabile un apprendimento adeguato prima di utilizzare il device e può essere utilizzato anche per verificare il corretto posizionamento del ETT.

Introduttore di Frova
L’introduttore consta:

  • Di un catetere per intubazione
  • Uno stiletto interno
  • Due adattatori

Il catetere ha un lume tale da garantire un flusso adeguato di aria. È graduato e con la punta smussa atraumatica. Dopo il posizionamento del catetere FROVA si può provvedere all’intubazione con tubo endotracheale utilizzandolo come scambiatore di tubo.

Broncoscopio a fibre ottiche
È la tecnica di scelta nell’intubazione difficile prevista purché si disponga del materiale idoneo e l’operatore sia esperto, è utilizza quando non è possibile visualizzare le corde vocali e nelle situazioni in cui non è individuabile una linea retta tra il cavo orale e la laringe; mentre non viene utilizzata in presenza di emorragie, in urgenze ipossiche o asfittiche e nelle ostruzione orofaringolaringea da parte di grossi tumori. Può essere effettuata sia su paziente sveglio che in anestesia generale, sia come gestione iniziale del paziente già noto per presentare vie aeree difficili o come tecnica di successivo approccio dopo l’insuccesso della laringoscopia diretta.

La chiave di successo di una intubazione sotto guida fibrobroncoscopica implica una adeguata pianificazione dell’intervento e una opportuna preparazione del paziente.

CIRCUITI DI VENTILAZIONE
L’inalazione di batteri nelle vie aeree è alla base delle infezioni polmonari: nei pazienti in rianimazione sottoposti a ventilazione meccanica il fattore essenziale è la presenza di una protesi endotracheale. Per connettere il paziente ad un respiratore ci serviamo di circuiti respiratori.

È preferibile utilizzare circuiti respiratori monopaziente. Tali circuiti in PVC sono costituiti da due linee di connessione che riguardano la via inspiratoria e la via espiratoria. Il tubo è rinforzato da una spirale esterna, mentre la superficie interna è liscia. L’elevata flessibilità si unisce così ad un’altissima resistenza allo schiacciamento, rendendo impossibile l’interruzione della ventilazione. L’interno liscio fa sì che l’eventuale condensa che si forma non ristagni, ma scivoli nell’apposito raccoglicondensa. In questo modo si riduce fortemente il possibile substrato per la crescita di microrganismi. Esistono anche circuiti in PVC con resistenza integrata, oltre a presentare gli stessi vantaggi dei precedenti, contiene l’elemento riscaldante inserito nella spirale esterna di rinforzo della linea inspiratoria, eliminando così la formazione di condensa che fa diminuire fortemente i rischi di contaminazione.

Esistono anche altri tipi di circuiti respiratori diversi sia nei materiali che nella forma ma quelli descritti in precedenza sono più utilizzati.

Un ruolo fondamentale riveste il personale infermieristico che nello svolgere la propria attività contribuisce notevolmente alla prevenzione delle infezioni delle vie respiratorie, soprattutto osservando alcuni principi fondamentali come :

  • usare guanti nella deconnessione del paziente dal respiratore
  • proteggere il circuito ventilatorio alla deconnessione del paziente
  • rimuovere correttamente le condense
  • sostituire i circuiti ventilatori
  • non trasferire i circuiti ventilatori da un paziente all’altro.

SISTEMI DI UMIDIFICAZIONE DELLE VIE AEREE

Nel controllo delle infezioni respiratorie notevole importanza rivestono anche gli umidificatori delle vie aeree. Può essere fatta attraverso umidificatori passivi e umidificatori attivi.

Gli umidificatori passivi, detti anche HME, sono costituiti da un filtro che viene inserito nel circuito lato paziente e rappresenta la prima ratio per la protezione del paziente e del personale di assistenza. Hanno un’ottima efficienza umidificante e creano una bassa resistenza al flusso per cui sono sicuri con qualunque tecnica ventilatoria. Sono costruiti in modo tale da ridurre al minimo lo spazio morto. Attualmente esiste anche un filtro che combina una ritenzione batterica e virale superiore al 99,99 % con un innovativo scambiatore di calore e umidità, per ottenere valori ottimali di autoumidificazione.

Gli umidificatori attivi, o anche a circuito chiuso, sono innovativi in quanto permettono la separazione assoluta tra i gas di ventilazione e l’acqua che viene utilizzata per arricchirli di umidità e calore, si creano così sistemi chiusi che garantiscono un elevato standard igienico ed un’ottima prevenzione delle infezioni nosocomiali delle vie respiratorie. Esistono umidificatori con sistema a microprocessore che permettono anche una personalizzazione del processo di riscaldamento e umidificazione/nebulizzazione dei gas respiratori e al tempo stesso un costante monitoraggio delle principali funzioni per cui garantiscono la massima sicurezza per il paziente.

BRONCOASPIRAZIONE
L’aspirazione delle secrezioni tracheobronchiali è una manovra fondamentale in quanto il ristagno delle secrezioni predispone alle infezioni respiratorie in pazienti intubati e ventilati. È la tecnica che garantisce la pervietà delle vie aeree ma di contro può favorire potenzialmente le infezioni stesse se non eseguita correttamente e in assoluta asepsi. Va eseguita quando si rileva dall’esame fisico la presenza di tosse e secrezioni delle vie aeree.

La broncoaspirazione può produrre traumi (edema, emorragia, ulcera della mucosa tracheale, ecc) per cui i sondini di aspirazione devono essere atraumatici ed avere un diametro appropriato da non occludere completamente il lume del tubo, l’aspirazione deve essere rapida con un vuoto tra 70 e 150 mm Hg e non deve oltrepassare il tubo endotracheale o la cannula. Si possono utilizzare anche sondini a circuito chiuso che evitano la disconnessione del circuito durante il nursing delle vie aeree riducendo il rischio di contaminazione. Esistono anche tubi endotracheali con sistema di aspirazione delle secrezioni subglottiche che previene il fenomeno della micro aspirazione e ne conseguono dei vantaggi:

·        riduzione dei tempi di permanenza in terapia intensiva causati da infezioni respiratorie legati all’intubazione prolungata

·        semplificazione della routine quotidiana del personale di assistenza

·        aumento della sicurezza per il paziente

·        risparmio in termini di tempi e costi per la struttura, con riduzione di incidenza delle polmoniti nosocomiali.

GESTIONE CANNULE TRACHEOSTOMICHE
I motivi più diffusi per eseguire una tracheotomia consistono nell’esigenza di bypassare un’ostruzione delle vie aeree superiori, oppure di fornire un supporto ventilatorio meccanico a lungo termine. Consiste nel praticare un’apertura (stoma) nella trachea, nella parte anteriore del collo.

Nell’apertura viene inserita una cannula che consente al tracheostomizzato di respirare spontaneamente o essere aiutato con sistemi di ventilazione polmonare. Oltre alla cannula, che può essere cuffiata o non cuffiata, il kit è composto da un otturatore (posto all’interno della cannula, facilita l’introduzione della stessa rendendo la manovra atraumatica), una controcannula (viene inserita nella cannula dopo il posizionamento e serve ad evitare che la cannula esterna debba essere rimossa durante le manovre di pulizia).

In condizioni anatomo-fisiologiche normai, i polmoni e la trachea producono naturalmente muco che filtra l’aria inspirata intrappolando piccole particelle, il tutto poi risale lungo l’albero bronco-tracheale fino a quando può essere deglutito.

Con una tracheotomia il muco può depositarsi nella cannula tracheostomica e intorno ad essa, fino a bloccarla e ostruirla. È indispensabile quindi aspirare le secrezioni con una frequenza che sarà determinata dall’entità del secreto. Si possono utilizzare anche cannule tracheostomiche cuffiate collegabili ad un sistema di aspirazione automatico che permette di drenare le secrezioni dello spazio subglottico in modo intermittente o continuo.

La cannula deve essere ancorata possibilmente con una fettuccia, che va sostituita tutti i giorni oppure ogni volta che si sporca o si bagna.

La pulizia della cute peristomale deve essere effettuata almeno due volte al giorno e se emana cattivo odore anche ogni otto ore, senza usare pomate o altri unguenti ma semplicemente acqua sterile miscelata con acqua ossigenata.

La sostituzione della cannula dipende dal tipo di cannula utilizzato e dalle indicazioni fornite dalla ditta costruttrice anche se oggi esistono cannule che possono essere tenute in situ circa 30 giorni. È bene testare la tenuta della cuffia se trattasi di cannula cuffiata.

È importante utilizzare insieme alla cannula anche la controcannula, per evitare gravi danni da eventuale ostruzione. Tali controcannule possono essere di tipo riutilizzabile e meglio ancora di tipo monouso.