Mortalità e morbosità della patologia cerebrale acuta traumatica

Ferdinando di Orio
Ordinario di Igiene generale e applicata – Dipartimento di Medicina Interna e Sanità Pubblica
Università degli Studi dell’Aquila

 1. Introduzione

Il trauma cranico rappresenta per frequenza e per impiego di risorse che comporta, uno dei maggiori problemi sanitari a livello mondiale. E’ infatti la causa principale di morte e disabilità nella popolazione giovane e adulta. L’OMS ha stimato circa 7.800.000 nuovi casi ogni anno, 1.500.000 decessi e 2.500.000 persone affette da danni permanenti. Nel mondo ogni 15 secondi si verifica un trauma cranico e ogni 12 minuti un decesso per tale causa (1).

L’Italia, tra i paesi industrializzati, ha un’incidenza tra le più alte: almeno 200-300 persone per 100.000 abitanti ogni anno sono ricoverate in ambiente ospedaliero a causa di un trauma cranico, con una mortalità di 10 casi su 100.000 abitanti/anno. Il trauma cranico è responsabile del 50% di tutte le morti traumatiche e del 2% di tutti i decessi. L’incidenza più alta è nei giovani, con picco tra i 15 ed i 24 anni e picchi secondari comprendenti i bambini e gli anziani (2). La fine della primavera e l’estate rappresentano i periodi annuali in cui avvengono più traumi cranici, mentre il venerdì ed il sabato (pomeriggio e notte) i giorni della settimana a più alta frequenza.  Si deve inoltre ricordare che più del 50% dei pazienti con trauma cranico grave hanno un politrauma associato, con conseguente aggravamento dei costi sociali.

Gli incidenti stradali (48%) rappresentano la percentuale maggiore tra le diverse cause responsabili del trauma cranico e ciò spiega anche la più alta incidenza di traumi cranici nei giovani e durante il weekend. Il gran numero di persone che subiscono lesioni, più o meno gravi, in seguito ad incidenti stradali costituiscono la prova che, anche in termini di costi sociali legati all’assistenza e alla riabilitazione, i traumi cranici rappresentano una “emergenza” non trascurabile (2). Non bisogna tuttavia dimenticare che una notevole importanza assumono anche i traumi cranici da incidenti domestici, che rappresentano circa il 25% di tutti i traumi cranici. In particolare, oltre il 50% dei traumi cranici dovuti ad incidenti domestici si riferiscono, in entrambi i sessi, alla classe di età compresa al di sotto dei 4 anni e , in questa classe di età, rappresentano la prima causa di morte (fig. 2 e fig. 3) (3).

In considerazione della rilevanza che hanno gli incidenti stradali nel determinismo del fenomeno trauma cranico in Italia, sarà epidemiologicamente descritta in particolare la mortalità e la morbosità della patologia cerebrale traumatica dovuta a tali cause, per poi avanzare in conclusione alcune considerazioni di carattere preventivo.


2. La mortalità per trauma cranico

Per una valutazione complessiva della mortalità dovuta a traumi cranici nel nostro Paese, si può fare riferimento ai seguenti codici della International Classification of Diseases (ICDIX – CM) (4):
800 Frattura della volta cranica
801 Frattura della base cranica
803 altre e non specificate fratture del cranio
804 Frattura multiple relative al cranio
850 Commozione cerebrale
851 Lacerazione e contusione cerebrali
852 ESA, subdurale ed extradurale
853 altre e non specificate emorragie intracraniche consecutive
854 Traumatismi intracranici di altra e non specificata natura

I due istogrammi rappresentati in figura 4 e figura 5 mostrano, rispettivamente per l’Italia e per la regione Abruzzo, il numero assoluto di decessi riferiti al periodo 1995 – 1998. Si nota un andamento sostanzialmente costante nel corso degli anni intorno a valori di circa 5200 decessi l’anno, e una compatibilità strutturale fra il trend nazionale dei traumi del capo e quello della Regione Abruzzo, con una numerosità più che doppia di tali eventi nella popolazione maschile.

Per quanto riguarda la mortalità per trauma cranico da incidente stradale,l’OMS ha stimato in circa un milione e duecentomila i decessi da attribuire a questa causa, con una maggiore prevalenza nei paesi poveri del mondo e con centinaia di migliaia di feriti e di invalidi permanenti. L’impatto sanitario, sociale ed economico degli incidenti stradali è talmente elevato che l’OMS ha deciso di dedicare la giornata mondiale della salute di quest’anno, il 7 aprile, a tale specifico tema.

Per quanto riguarda il nostro Paese, al di sotto dei 40 anni di età, la mortalità per incidente stradale rappresenta oltre il 50% del totale dei decessi. Mentre nel 1970 circa il 70% dei decessi da incidente stradale era secondario a trauma cranico, col passare degli anni questa quota si è stabilizzata intorno al 50% e, sempre in termini relativi, le lesioni del torace, dell’addome e del bacino hanno assunto maggiore importanza, rendendo conto di circa il 40% delle lesioni mortali (5).

La diminuzione della mortalità per trauma cranico in incidente stradale negli ultimi trenta anni è notevole, passando da 8795 casi nel 1970 a 3990 nel 1998, con una riduzione del 55%, ed un tasso di mortalità attuale di circa 6 morti per 100.000 abitanti/anno. La mortalità per incidente stradale stratificata per età evidenzia inoltre che circa il 35% dei decessi è concentrato nella classe 15-29 anni (5).

3. La morbosità per trauma cranico

Per quanto riguarda la morbosità, stime dell’ISS effettuate sulla base di rilevazioni campionarie, hanno permesso di quantificare in circa 800.000 gli arrivi in Pronto Soccorso per incidente stradale (6). Nel 22% di questi arrivi viene segnalato un trauma cranico (certo o sospetto) e di questi il 46.6% viene ricoverato. Quindi si può stimare indicativamente in circa 176.000 gli arrivi in Pronto Soccorso per trauma cranico con un’incidenza di 309 casi per 100.000 abitanti/anno, ed una stima di circa 82.000 ricoverati pari a circa  144 ricoveri per 100.000 abitanti (5).
Accanto a questi dati, che rappresentano stime basate su indagini campionarie ad hoc, le principali fonti informative sulla morbosità derivano dalle Schede di Dimissione Ospedaliera. E’ stato tuttavia osservato che nel 1999, per quanto riguarda i traumatismi, solo nel 21.2%.dei casi è stata attribuita una codifica corretta alla causa che ha originato il trauma (5). Nel caso degli incidenti stradali è stata calcolata un’ottima correlazione (r=0.87) fra la distribuzione dei ricoveri e la popolazione residente (5). Inoltre la proporzione dei ricoveri indicati come secondari ad incidenti stradali sul totale dei ricoveri è sostanzialmente costante nelle varie regioni in un ordine di grandezza dell’1% (5).

Se si analizza la numerosità complessiva dei ricoveri ospedalieri nel periodo 1999 – 2001, relativamente alle categorie dell’ICD-9 precedentemente selezionate per la valutazione della mortalità per trauma cranico, si nota una diminuzione nel corso del triennio da circa 120000 ricoveri del 1999 a meno di 100000 nell’anno 2001 (7).

Tra le categorie dell’ICD selezionate, la 850 (commozione cerebrale) e la 854 (traumatismi intracranici di altra e non specificata natura) sono quelle più rappresentate (tabella 1).

Queste categorie tuttavia presentano i valori di degenza media più bassi, in media di un terzo, rispetto alle altre categorie (8).

Per quanto riguarda l’invalidità, non esistono fonti correnti in grado di fornire un quadro esatto della situazione. Da studi specifici condotti dalle Società di Riabilitazione del Trauma Cranico e del Trauma Spinale, risulta che circa il 70% dei soggetti perviene al trattamento riabilitativo in seguito ad incidenti stradali. Uno studio europeo condotto su circa 1000 pazienti, rilevava che a sei mesi di distanza dal trauma il 31% dei pazienti era deceduto, il 3% era in stato vegetativo, il 16% gravemente disabile, il 20% moderatamente disabile e il 31% presentava un buon recupero (9).

Uno studio recente, effettuato in Emilia Romagna, ha valutato l’effetto dell’introduzione della obbligatorietà dell’uso del casco (legge 472/99), confrontando i ricoveri nei 365 giorni precedenti e successivi il 30 marzo 2000, data di entrata in vigore della legge (10).

E’ stata rilevata una diminuzione totale del 31.4% dei ricoveri per trauma cranico in neurochirurgia. Mentre la situazione nei due periodi rimaneva sostanzialmente invariata per tutte le possibili cause di trauma cranico, quali incidenti domestici, aggressioni, auto, ecc, per i traumi cranici da incidente stradale su ciclomotore si registrava una diminuzione pari al 66%. Questo decremento interessava inoltre soggetti di età compresa tra i 14 e i 60 anni, quindi la quasi totalità di tutti i potenziali utenti di ciclomotore e di casco protettivo. Al contrario per i traumi cranici dovuti ad altro tipo di incidente stradale, non risultavano variazioni di rilievo nell’arco dei tre anni. La spiegazione di tale diminuzione era dunque dovuta all’obbligatorietà dell’uso del casco, mentre un certo ruolo poteva anche essere giocato dall’introduzione della telemedicina, che rendeva possibile la trasmissione di immagini TAC da un ospedale ad un altro e quindi il non ricovero di pazienti che in precedenza sarebbero stati ricoverati per essere dimessi o trasferiti subito dopo (10).

4. La valutazione “epidemiologica” degli interventi di riabilitazione

Sebbene il dato più eclatante relativo agli incidenti stradali sia quello relativo alla mortalità, i soggetti che sopravvivono, dopo il ricovero in fase acuta, possono andare incontro a gravi esiti con lunghi periodi di riabilitazione. E’ stato evidenziato che solo la metà dei pazienti ricoverati in riabilitazione raggiunge una sufficiente autonomia dopo il primo ricovero in riabilitazione (11).

La carenza di dati precisi sull’incidenza e la prevalenza degli esiti dei traumi cranici, come anche sulla tipologia dei pazienti trattati dal punto di vista riabilitativo, non permette di dimensionare gli interventi né di programmare i servizi sulla base delle oggettive necessità.

Proprio per queste finalità, è sempre più necessario poter disporre di opportune informazioni rilevate in modo continuo e permanente, che potrebbero derivare da sistemi di sorveglianza, registri epidemiologici o, quanto meno, da studi osservazionali prospettici.

Negli Stati Uniti è stato infatti realizzato il Traumatic Brain Injury Model System (con 390 variabili relative al periodo di osservazione e 470 per il follow up), mentre a livello europeo è stata realizzata dalla European Brain Injury Society, l’Head Injury Evaluation Chart, anch’essa costruita da un gran numero di variabili (11). La completezza della raccolta dati articolata su numerose variabili comporta tuttavia  lo svantaggio della complessità e dell’eccessivo tempo di compilazione della scheda.

In Italia è stata recentemente messa a punto una scheda di rilevazione dati basata su 59 campi (dati anagrafici generali, elementi anamnestici, caratterizzazione clinica durante il ricovero, caratteristiche cliniche del ricovero) allo scopo di valutare – retrospettivamente – la tipologia dei pazienti e del tipo di intervento riabilitativo in 16 tra i maggiori centri di riabilitazioni nazionali (11). Da questo studio è emerso che sui 643 pazienti colpiti da trauma cranico, di cui 537 al primo ricovero, il 77% era costituta da maschi, il 12% aveva una condizione di instabilità familiare precedente al trauma e il 6% una storia di alcolismo o droga. Anche se si deve tenere in considerazione che si trattava di una popolazione selezionata di pazienti, in quanto richiedente trattamenti riabilitativi intensivi, nell’80% dei casi l’eziologia era dovuta ad incidente stradale, mentre una percentuale costante, pari al 5% dei casi, era attribuibile sia agli incidenti domestici, sia agli incidenti sul lavoro, sia agli incidenti sportivi . Di tutti questi casi, il 72% erano gravi, il 17% di gravità moderata ed i rimanenti erano clinicamente lievi.

Questo studio ha messo inoltre in evidenza i lunghi tempi di attesa per il trasferimento del paziente in ambito riabilitativo, con un intervallo temporale medio di 70.57 giorni e un valore mediano, forse più appropriato in relazione alla distribuzione non normale dei tempi di attesa, pari a 45.5 giorni. Tale dato è prognosticamente negativo, dal momento che è stato ormai dimostrato che un precoce intervento riabilitativo migliora la prognosi (12).

All’ingresso in riabilitazione, la presenza di piaghe da decubito interessava circa il 18.89% dei pazienti, a testimonianza di problemi di gestione assistenziale in fase acuta. Il 64.99 % dei pazienti ricoverati era politraumatizzato; il 41.3% aveva subito un intervento chirurgico, l’87% aveva subito un trauma cranico chiuso.

La provenienza prevalente del paziente era dalla neurochirurgia (39.49%), seguita dalla rianimazione (22.66%). La tracheotomia era presente nel 26.24% dei pazienti, mentre oltre il 43% era portatore di catetere vescicale a permanenza. Le paraosteopatie erano presenti nel 15.4% dei pazienti e la derivazione ventricolare in oltre l’8% dei casi. Circa il 10% dei pazienti presentava epilessia post-traumatica. Il 74.12% aveva una sindrome piramidale, mentre il 25.38% aveva una sindrome extrapiramidale postraumatica. Una percentuale simile, 25.42%, interessava il cervelletto. La spasticità era presente nel 43.88% mentre il 14.77% aveva un danno del sistema nervoso periferico, il 36.94 presentava disfagia.

Alla dimissione circa il 60% dei pazienti tornava al proprio domicilio, mentre il 24% continuava il programma in day hospital. Il 75% migliorava durante il ricovero, il 3% peggiorava e il 22% rimaneva stabile. Complessivamente il 57% raggiungeva condizioni di buon recupero dell’autonomia alla dimissione (la tracheotomia era presente nel 4.07%, il catetere vescicale nel 3.62%, il 4% presentava ancora disfagia).. La durata media del coma correlava con la prognosi.

Questi dati ben caratterizzano la complessità del paziente trattato e la necessità di un approccio multidisciplinare.

Dal momento che gli studi retrospettivi presentano dei limiti dovuti alla difficoltà di ricostruire con esattezza i dati richiesti, sono tuttavia necessari studi epidemiologici di tipo prospettico che sono gli unici in grado di fornire dati in tempo reale sulle caratteristiche del trauma e sulla tipologia dell’intervento riabilitativo, e per poter poi programmare in modo più efficace e appropriato l’intervento stesso (11). Dall’1 ottobre 2001 è iniziato uno studio prospettico che, finanziato dall’Istituto Superiore di Sanità, coinvolge 62 centri specialistici e si prefigge proprio l’obiettivo di descrivere la realtà riabilitativa in Italia e l’utilizzazione dei dispositivi di prevenzione del danno (11).

5. Alcune considerazioni sulla prevenzione dei traumi cranici

Dai dati presentati si può facilmente constatare perché il trauma cranico sia stato definito “l’epidemia silente” e perché – in considerazione della eziologia più frequentemente dovuta agli incidenti stradali – la prevenzione debba essere fondamentalmente incentrata proprio a questo livello. Inoltre il fatto che la classe di età più coinvolta sia quella giovanile, indica che questa è l’età bersaglio su cui agire con i programmi di prevenzione per ridurre sia l’incidenza dei traumi cranici da incidenti stradali sia la gravità di quelli che si verificano.

La prevenzione primaria è il presupposto fondamentale per ridurre la frequenza o il grado di esposizione al rischio di riportare un trauma. Essa consiste nel migliorare le strade, nella progettazione di auto più sicure e nell’adozione di misure preventive come cinture di sicurezza, caschi protettivi per ciclisti e motociclisti, airbag. Sono tutte misure che non riducono il rischio di trauma ma influiscono sulla sua severità, mente misure tendenti a limitare la guida sotto l’effetto di alcol o di droghe possono diminuire anche il rischio di incidenti.

Conformemente agli indirizzi di intervento promossi dall’OMS e dall’Unione Europea, in tema di prevenzione primaria sono necessari: la promozione di una cultura che rifiuti il concetto di incidente come fatalità che prescinde dalle possibilità di controllo; l’attuazione di interventi finalizzati a migliorare l’informazione e l’educazione sui rischi e sulle strategie e comportamenti atti a ridurli; la formulazione di politiche di più ampio respiro, che portino ad un ripensamento della mobilità in funzione dell’organizzazione del territorio e delle esigenze di accessibilità degli utenti più deboli (ciclisti, pedoni, bambini, anziani).

Non bisogna tuttavia dimenticare che la seconda causa di trauma cranico sono gli incidenti domestici e che l’eliminazione di barriere domiciliari, come gradini, scale non sicure e tappeti, potrebbe determinare una rilevante riduzione dei traumi cranici, soprattutto nelle classi di età più anziane.

Proprio in questa ottica di prevenzione primaria, il Piano Sanitario Nazionale 2002-2004 si propone, tra gli obiettivi generali (parte seconda del Piano la “Promozione della salute”) di ridurre entro l’anno 2020 almeno del 50 % la mortalità e la disabilità conseguente agli incidenti stradali, in linea con l’obiettivo fissato dall’OMS. A tal fine vengono delineati i seguenti concreti interventi di prevenzione:

Utilizzazione del casco da parte di tutti gli utenti di veicoli a motore a due ruote;
Elevazione degli standard di sicurezza dei veicoli;
Uso corretto dei dispositivi di sicurezza in automobile (cinture e seggiolini per bambini);
Migliori condizioni di viabilità nelle zone ad alto rischio di incidenti (segnaletica, illuminazione, condizioni di percorribilità);
Promozione della guida sicura mediante campagne mirate al rispetto dei limiti di velocità e della segnaletica stradale nonché alla riduzione della guida sotto l’influsso dell’alcol;
Potenziamento del trasporto pubblico.
Inoltre il piano nazionale della sicurezza stradale, emanato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ed elaborato con la partecipazione di varie Amministrazioni ed Enti, tra i quali anche il Ministero della Salute, si propone di ridurre il numero di morti e feriti gravi per incidenti stradale del 40% entro il 2010 (obiettivi contenuti nella L. 144/1999).Per raggiungere questo risultato il Piano Nazionale della sicurezza stradale si propone di espletare l’azione sanitaria attraverso 4 linee principali d’intervento:

Miglioramento delle conoscenze epidemiologiche riferite alla mortalità ed alla morbosità derivanti da incidenti stradali (con particolare attenzione all’invalidità), e costruzione di un sistema di sorveglianza anche per la valutazione dei relativi costi sostenuti dal S.S.N.;
Analisi dei principali fattori di rischio di interesse sanitario (uso di alcool, sostanze stupefacenti e farmaci attivi sul S.N.C. che diminuiscono l’attenzione del guidatore ecc.);
Attività di regolamentazione e revisione normativa relativa ai fattori di rischio di natura sanitaria (abbassamento livelli di alcolemia consentiti, ecc.);
Potenziamento delle attività di prevenzione e di assistenza sanitaria (per es. miglioramento delle capacità di primo soccorso sanitario per guidatori professionisti – autisti mezzi pubblici, camionisti e personale delle forze di polizia- ecc.).
Quest’ultimo elemento introduce al significato che possono avere interventi di prevenzione secondaria, finalizzati alla riduzione della mortalità e della morbosità dopo il trauma e che consistono fondamentalmente nella diagnosi precoce e nel corretto e tempestivo trattamento delle lesioni. La prevenzione secondaria, che inizia all’arrivo del personale sul luogo dell’incidente e prosegue nel Pronto Soccorso e nell’Unità di Terapia Intensiva, è condizione indispensabile per migliorare i risultati della cura dei traumatizzati cranici e in ciò, come detto precedentemente per l’esperienza condotta in Emilia Romana, può avere un notevole significato l’implementazione di sistemi di telemedicina.

Infine una grande importanza in questo ambito hanno gli interventi di riabilitazione, igienisticamente definibili di prevenzione terziaria, riguardo ai quali sono state evidenziate alcune criticità con importanti risvolti organizzativi, che vengono presentati in tabella 2 (11):

6.Conclusione

L’alta incidenza dei traumatismi come causa di decesso o di danni fisici, cognitivi e comportamentali permanenti costituisce un grave problema per la società ed un pesante onere economico, psicologico e sociale che coinvolge le vittime, i familiari e tutto il sistema sanitario nazionale.

L’approccio epidemiologico rappresenta la premessa indispensabile per l’applicazione di strategie preventive in grado di contribuire al miglioramento dello stato di salute delle popolazioni. Prevenire significa predisporre innanzitutto gli strumenti conoscitivi ai fini della descrizione epidemiologica delle malattie in una determinata popolazione.

In tal senso non si può negare che ancora molto si  deve fare nel nostro paese per quanto riguarda i traumatismi e che sempre più si segnala la necessità di una sorveglianza continua del fenomeno mediante sistemi di rilevazione epidemiologica permanenti. Solo in questo modo sarà possibile disporre delle informazioni indispensabili per l’attivazione di efficaci interventi preventivi, come anche per la migliore razionalizzazione degli interventi riabilitativi. Proprio in questa prospettiva globale è necessario un approccio multidisciplinare che possa coinvolgere non solo le aree mediche – della prevenzione, dell’emergenza, dell’area critica e della riabilitazione – ma anche le forze sociali, politiche e istituzionali, a partire dalla Scuola e dall’Università.

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