Monitoraggio della Pressione IntraCranica: INDICAZIONI E TECNICA
Angelo G. BLASETTI, Rosaria Coletta – U.O.C. Rianimazione e Terapia Intensiva
Ospedale Civile di Avezzano
Nelle patologie traumatiche e non traumatiche dell’encefalo la struttura anatomica è valutata attraverso metodiche diagnostiche quali la TAC la RMN; la condizione della funzionalità è invece valutabile tramite tecniche di monitoraggio che possono essere di notevole utilità aggiuntive alla valutazione clinica: il monitoraggio della PIC è una di queste insieme alla valutazione del flusso cerebrale (Xenon TAC), al metabolismo cerebrale (PET), all’emodinamica cerebrale (TCD), al monitoraggio neuro-fisiologico (potenziali evocati, EEG). Va ricordato inoltre che i monitoraggi possono essere globali (PIC, TAC, RMN, Xenon TAC, EEG, Potenziali evocati) e focali (Microdialisi e PtiO2). [1]
Risale al 1783 l’intuizione del concetto di contenitore rigido, riferito alla scatola cranica. Infatti due studiosi, Monro e Kellie, dedussero che l’encefalo doveva avere poche possibilità di aumentare il suo volume se non a prezzo di un aumento deleterio della pressione all’interno della scatola cranica. Essi pensavano che per il mantenimento della omeostasi all’interno del cranio le tre componenti encefalo, sangue e liquor dovessero mantenere un rigoroso equilibrio dei loro volumi, per evitare pericolosi aumenti della pressione. Ad oltre duecento anni le teorie di Monro e Kellie sono risultate estremamente fondate, tanto è vero che il patologico aumento di una delle tre componenti all’interno della scatola cranica, dopo un iniziale modesto compenso di contenimento della pressione, grazie ad un meccanismo ridistributivo dei volumi delle altre due componenti (compliance cerebrale), determina un aumento esponenziale, ed estremamente deleterio, della PIC.
Un aumento della PIC oltre i valori ritenuti normali ( che cioè non compromettono la pressione di perfusione cerebrale) sta ad indicare un esaurimento della compliance cerebrale la cui conseguenza è che piccoli aumenti di volume intracranico determina elevati aumenti diella PIC e drastica riduzione della pressione di perfusione cerebrale (PPC). I sistemi di compensazione intracranica si basano sul fatto che l’encefalo è essenzialmente incomprimibile ed ogni aumento del suo volume comporta necessariamente la diminuzione del volume rispettivamente del liquor (spostamento verso gli spazi subaracnoidei spinali) e poi del contenuto sanguigno venoso (spremitura verso i seni venosi e le giugulari) ed arterioso ( compressione dei vasi arteriosi). Il razionale delle indicazioni al monitoraggio della PIC deriva dalla ragionevole previsione di imminente rischio di ipertensione endocranica.
La encefalopatia acuta post-anossica , il trauma cranico con anomalie evidenti alla TAC richiedono il monitoraggio della PIC in quanto il rischio di sviluppo ipertensione endocranica è tra il 53% ed il 63% [2]. Le anomalie riscontrabili alla TAC includono ematomi epidurali,subdurali, focolai lacero-contusivi, edema diffuso. Un quadro Tac normale in un paziente in coma comporta un rischio del 13% di ipertensione endocranica. Nei pazienti in coma da trauma cranico, senza segni patologici alla TAC, ma con fattori di rischio associati il rischio di ipertensione endocranica è circa del 60% [3]. Pazienti con trauma cranico, con un punteggio GCS compreso fra 8 e 3 hanno un rischio di ipertensione endocranica in oltre il 60% dei casi e Gopinath in uno studio ha evidenziato un outcome sfavorevole quando la PIC era > a 25 mmHg, la PAM < a 80 mmHg e la PPC < a 60 mmHg. [4] .
Inoltre è ragionevolmrnte raccomandata monitorizzare la PIC anche nelle emorragie intracraniche, subaracnoideee e nella trombosi del seno sagittale [5].
Il monitoraggio della PIC costituisce un prezioso ausilio dinamico per una guida diagnostica e terapeutica e per eventuali indicazioni ad interventi chirurgici, anche se non è dimostrato in modo inoppugnabile che l’outcome sia favorevole per i pazienti monitorizzati rispetto ad i non monitorizzati [6]. La necessità della misura della PIC e della sua dinamica nasce dal bisogno di misurare l’entità e l’evoluzione di un processo patologico per diversi motivi: a) individuazione precoce di lesioni espansive, b) adeguata titolazione della terapia, ricordando che terapie iper o ipotitolate possono interferire in modo determinante sulla omeostasi del flusso cerebrale , sulla estrazione di ossigeno e sul metabolismo cerebrale, c) riduzione della PIC attraverso il drenaggio del liquor (deliquorazione), d) potrebbe dare delle indicazioni prognostiche, e) può migliorare l’outcome [7].
E’ pur vero che la TAC costituisce un ottimo mezzo diagnostico che può evidenziare segni di ipertensione endocranica, ma non è altrettanto vero il contrario; cioè la TAC negativa non è sinonimo di assenza di probabile imminente ipertensione endocranica, che spesso si sviluppa in pochissimo tempo.
Pertanto c’è la condivisione di diverse società scientifiche ( SIAARTI, AANS) sulle raccomandazioni di monitorare la PIC in : 1) pazienti con trauma cranico grave –GCS < 9- con TAC encefalo patologica al ricovero; le anomalie TAC consistono in ematomi, focolai lacero-contusivi, edema, segni di compressione delle cisterne della base, in sostanza tutti i gradi della scala di Marshall escluso il 1°, 2) pazienti con trauma cranico grave con TAC encefalo normale ma con presenza di due delle seguenti condizioni: età superiore a 40 anni, ipotensione con PAS < 90 mmHg, anomalie posturali uni o bilaterali [7]. Inoltre il monitoraggio della PIC è sempre più esteso nella terapia neurointensiva ad altre patologie come l’emorragia subaracnoidea [8] , emorragie intraparenchimali, trombosi del seno sagittale [5] e dopo interventi chirurgici con o senza tecnica decompressiva.
Il posizionamento del catetere intraparenchimale può esere effettuato anche dal Neurointensivista, la tecnica è infatti molto semplice, non certo più impegnativa di altre manovre invasive quali un cateterismo venoso centrale o il posizionamento di un drenaggio toracico. Infatti uno studio prospettico osservazionale ha evidenziato che il posizionamento del catetere intraparenchimale per il monitoraggio della PIC, al letto del paziente, effettuato da neurointensivisti ha una incidenza di complicanze molto bassa ed assolutamente comparabile a quelle pubblicate dai neurochirurghi [9].
Le complicanze sono rappresentate principalmente da ematomi, con una incidenza che va da 0 a 2,8% e da colonizzazione batterica (0-14%) [10]. Quest’ultima complicanza però ha una diversa incidenza a seconda del tipo di catetere usato. Infatti con il catetere intraventricolare la colonizzazione supera il 9% se viene mantenuto in sede per più di 5 giorni, fino a raggiungere il 42% a 11 giorni di permanenza [11 Mayhall]. Con il dispositivo subaracnoideo il tasso di colonizzazione è circa del 5% [12]
La estensione di tale pratica ad un intero gruppo di neurorianimatori non ha fatto registrare un incremento di complicanze al confronto di quelle verificatesi con medici esperti [13].
I più efficaci sistemi di monitoraggio della PIC sono costituiti da cateteri intraventricolare ( che permettono anche la deliquorazione in caso di necessità) e cateteri intraparenchimali.
Posizionamento del catetere intraparenchimale:: aspetti tecnici e strumentario
Preparazione paziente paziente sedato, con un adeguato livello di analgesia; tricotomia e lavaggio del cuoio capelluto con soluzione detergente, disinfezione con prodotti a base di clorexidina e iodio; campo sterile previo posizionamento ed ancoraggio del capo.
Sede di inserzione preferibilmente emisfero destro, ricerca del Kocher’s point: punto di intersecazione fra una linea immaginaria medio-pupillare (parallela e distante circa tre cm. dalla linea mediana –sagittale-) ed una linea coronale anteriore di 2-3 cm. alla omonima sutura ( oppure, qualora la sutura coronale sia di difficile reperimento, ad una linea immaginaria passante tra il meato uditivo esterno ed il canto laterale della rima palpebrale.
Individuato il punto di inserzione si procede ad infiltrazione dei piani cutanei e sottocutanei del cuoio capelluto con anestetico locale con vasocostrittore. Si procede poi ad incisione del cuoio capelluto in senso antero-posteriore, scollamento del periostio, esposizione della teca cranica e trapanazione cranica, con l’aiuto di un collaboratore che tiene ferma la testa durante questa fase. A questo punto si procede al posizionamento del device a vite portacatetere, perforazione della dura con un agocannula e previa effettuazione dello zero di riferimento e collegamento al monitor, posizionamento del catetere nel parenchima cerebrale per qualche mm. in modo da ottenere una curva di pressione intracranica con le caratteristiche morfologiche proprie.
Materiale necessario
- Anestetico locale
- Bisturi
- Divaricatore autostatico
- Trapano (manuale o elettrico)
- Punta di trapano con regolatore di profondità
- Set catetere intraparenchimale
Cera per osso
Agocannula per perforazione dura - Scollaperiostio
- Pinza chirurgica
- Due pinze di Klemmer
- Ago e filo per sutura cuoio capelluto
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BIBLIOGRAFIA
1.Stewart-Amidei C.: Neurologic monitoring in the ICU. Crit. Care Nurs Q. 1998 Nov;21 (3): 47-60
2.Narayan RK, Kishore PRS, Baker DP, et al: Intracranial pressare – to monitor or not to monitor? A rewiev of our experience with severe brain injury. J. Neurosurg. 1982; 56: 650-659
3.Schneck MJ.: Treating elevated intracranial pressare: Do we raise or lower the blood pressure? Crit. Care Med. 1998; 26: 1787-88
4.Layon A.J., Gabrielli A.,Friedman W.A.: Textbook of neurointensive care. Elsevier 2004; pg 706
5.Mc Namara B., Ray J., Menon D., Boniface S.: Raised intracranial pressure and seizure in the neurological intensive care unit. Br. J. Anaesth. 2003 Jan; 90(1):39-42
6.Cremer OL., van Dijk GW., van Wensen E., Brekelmans GJ., Moons KG., Leenen LP. : Effect of intracranial pressure monitoring and targeted intensive care on functional outcome after severe head injury. Crit. Care Med. 2005 Oct; 33 (10) : 2207-13
7.The Brain Trauma Foundation. The American Association of Neurological Surgeons. The Joint Section on Neurotrauma and Critical Care. Indication for intracranial pressure monitoring. J. Neurotrauma 2000 Jun-Jul;17(6-7):479-91
8.Stocchetti N., Longhi l., Magnoni S., Roncati Zanier E., Canavesi K.: Head injury, subarachnoid hemorrhage and intracranial pressare monitoring in Italy. Acta Neurochir. (Wien) 2003 Sep; 145 (9): 761-5
9.Bochicchio M., Latronico N., Zappa S., Beindorf A., Candiani A.: Bedside burr hole for intracranial pressure monitoring performed by intensive care physicians. A %-year experience. Intensive Care med. 1996 Oct;22(10) 1070-4
10.BULLOCK MR:Rrecommendation for intracranial pressure monitoring technology. In managment and prognosis of severe traumatic brain injury- part1: Guidelines for the managment of severe traumatic brain injury. J Neurotrauma 2000;17:497-506
11.Mayhall CG, Archer NH, Lamb VA, et al: Ventriculostomy-related infections- A prospective epidemiologic study. N. Engl J Med 1984; 320:553-559
12.Textbook of Neurointensive care”, A. Joseph Layon, A. Gabrielli, W.A. Friedman Ed. Elsevier, 2004.
13.Latronico N., Marino R., Rasulo FA., Stefini R., Schembari M., Candiani A. Bedside burr hole for intracranial pressure monitoring performed by anaesthesist-intensive care physicians. Extending the practice to the entire ICU team. Minerva Anestesiol. 2003 Mar;69(3):159-64,165-8