L’intervento di emergenza in fase preospedaliera

L’INTERVENTO DI EMERGENZA EXTRAOSPEDALIERO
SCOOP AND RUN V/S STAY AND PLAY: PRIORITA’. CASI CLINICI E ROLE PLAYNG
M.Raimondi, D.Cordero*, A.Brancaglione, A.Comelli, I.Sforzini ,R.Rizzardi, G.Maggio, S.Poma, M.Guerci, S.Brancati, B.Lusona
Centrale Operativa S.S.U.Em. 118 Pavia e Provincia,  I.R.C.C.S. Policlinico S.Matteo, Pavia
*  ASL 5 Regione Piemonte, Presidio Ospedaliero di Rivoli (Torino), U.O.C. di Anestesia e Rianimazione. Servizio Regionale Piemontese di Elisoccorso

L’intervento di emergenza in fase preospedaliera è ormai anche in Italia, una realtà consolidata. Le filosofie di soccorso hanno subito notevoli cambiamenti nell’arco degli anni, e forse troppo spesso, in Italia, si fa riferimento a lavori ed esperienze straniere ormai datate. Il soccorso extraospedaliero, tra le altre, ha una caratteristica fondamentale che lo differenzia parzialmente dai sistemi intraospedalieri: i dati raccolti dipendono in grande misura dall’organizzazione del sistema di emergenza (EMS), che proprio in questo ambito presenta notevoli differenze tra nazioni diverse. Portando un esempio, i dati relativi all’intubazione precoce nel paziente traumatizzato correlati con la sopravvivenza, raccolti rigorosamente in una terapia intensiva inglese, italiana, tedesca, francese o americana, sono per la gran parte raffrontabili tra loro, e permettono di trarre conclusioni comuni, anche con risvolti prospettici. Gli stessi dati raccolti nelle stesse nazioni, ma relativi al soccorso preospedaliero, non sono facilmente raffrontabili tra loro, e le eventuali conclusioni operative possono essere fuorvianti dal punto di vista prospettico. Infatti, mentre l’Inghilterra e gli USA hanno personale sanitario “tecnico” (EMT) a bordo delle ambulanze, il quale effettua l’intubazione tracheale solo in situazioni che non richiedano curarizzazione (GCS 3-4), in Francia e Germania vi sono medici esperti nell’intubazione che utilizzano regolarmente i curari ed intubano i traumi con qualunque GCS, mentre in Italia la situazione è estremamente differente tra le diverse aree geografiche, anche all’interno della stessa Regione. Evidentemente la sopravvivenza dei soli pazienti con CGS 3-4 (gli unici intubati negli USA) è nettamente inferiore a quella della popolazione di tutti i traumatizzati con GCS 7-8 o inferiore (regolarmente intubati sul territorio in Francia e Germania): i lavori americani spesso concludono quindi che l’intubazione tracheale precoce preospedaliera nel trauma è associata (e correlata) con una sopravvivenza inferiore rispetto ai pazienti non intubati! Inoltre, gli EMT negli USA lavorano solo in base a protocolli operativi, e nel caso di traumatizzati cranici intubati, il protocollo prevede inizialmente l’iperventilazione: in caso di ipovolemia, l’iperventilazione può interferire con l’emodinamica, con un outcome ulteriormente peggiore.

Anche la tipologia delle lesioni spesso non è raffrontabile: sempre in tema di trauma, negli USA rispetto alla Germania, vi sono molte meno intubazioni tracheali (13% vs 43%) e molto meno drenaggi di pneumotorace (8% vs 25%): se ne potrebbe dedurre che o negli USA il personale non intuba e non drena un pneumotorace quando necessario, o che in Germania vengano intubati pazienti che non necessitavano, come pure vengano drenati toraci sani! In realtà è la tipologia del trauma ad essere differente: infatti, negli USA prevalgono i traumi penetranti (che necessitano solitamente di chirurgia immediata) e che in alcune aree raggiungono quasi il 50% di tutti i traumi, mentre in Europa prevalgono i traumi chiusi, che più spesso necessitano di manovre invasive sul campo, come l’intubazione tracheale e la decompressione pleurica d’urgenza.

Anche negli Stati Uniti però, la filosofia del soccorso ha subito importanti cambiamenti, con rivisitazioni del sistema, anche se non viene messa in discussione la figura dell’EMT, ma talvolta viene discussa la scelta di lavorare per protocolli stretti, mentre in presenza del medico è possibile “adattare” i trattamenti alla situazione.

Le filosofie operative principali sono quella denominata “Scoop and Run”, tipica degli EMT americani, e quella definita “Stay and Play”, caratteristica del sistema francese (SAMU). Lo Scoop and Run prevede di effettuare pochissime manovre essenziali sul campo, caricare sul mezzo di soccorso e recarsi velocemente verso l’ospedale. Nello Stay and Play invece, il personale preospedaliero stabilizza il paziente sul campo, effettua tutte le manovre e le indagini possibili, e poi si dirige verso l’ospedale. Naturalmente la seconda filosofia mal si adatta al personale non medico (come gli EMT) che non ha autorizzazione ad effettuare alcune manovre sanitarie, ma soprattutto non può “fare diagnosi” mediche, tra le quali anche, ad esempio, la constatazione di decesso.

Se però valutiamo le due filosofie applicate dalla stessa tipologia di personale, in particolare da personale medico, come più spesso avviene in Italia, ci rendiamo conto forse che le differenze tra le filosofie non sono così significative, ma forse sono più lessicali che sostanziali. Infatti, nello Scoop & Run, sul campo vengono effettuate tutte le manovre importanti salvavita che sono necessarie, ovvero intubazione tracheale, incanulamento venoso, infusione, decompressione pleurica etc., esattamente come nello Stay & Play. In entrambi i casi viene rimandato successivamente un approfondimento maggiore e l’attuazione di alcune manovre, fino a quando il paziente è a bordo del mezzo di soccorso e spesso mentre si dirige verso l’ospedale. Entrambe le filosofie prevedono un “carica e vai” nei casi di emorragie non controllabili, ferite penetranti, o situazione tecnicamente non gestibile sul posto dal personale presente. Inoltre, anche l’ospedale di destinazione può influire sulla filosofia di trattamento, e quindi anche la configurazione del territorio ha grande importanza: una realtà come Milano città, ove la distanza massima tra gli ospedali di secondo livello è di 5-10 minuti, consente scelte di personale e di strategie differenti da una provincia di 3.000 km2 con un solo ospedale di secondo livello. Per esempio, la valutazione secondaria approfondita, che richiede tempo, ma fornisce informazioni maggiori, ha significato solo se la scelta dell’ospedale di destinazione può essere differente: se la destinazione è comunque a pochi minuti l’ospedale di secondo livello, la valutazione secondaria perde molta della sua utilità, ed anzi può divenire una dannosa perdita di tempo.

Possiamo quindi definire che la migliore filosofia di soccorso è quella che si adatta alle necessità del paziente, potendo portare l’ospedale dal paziente, prima del paziente in ospedale: in alcune situazioni è utile spendere tempo sul posto per effettuare manovre realmente salvavita ed utili (intubazione tracheale, analgesia, infusioni rapide ed efficaci, decompressione pleurica, immobilizzazione etc.), mentre in altre situazioni ove l’ospedale fornisce supporti vitali (sala operatoria, trasfusioni etc.), la rapidità di raggiungimento dell’ospedale, senza tralasciare le manovre vitali, riveste grande importanza, utilizzando comunque il mezzo di soccorso come luogo di lavoro e trattamento sanitario, e non solo di trasporto. È innegabile che in situazioni di trauma penetrante, esempio cardiaco, una strategia di puro Scoop and Run sia più opportuna. Potremmo quindi definire come “Scoop, Run and Play” una filosofia di equilibrio e buon senso.

Naturalmente, per far questo dobbiamo poter disporre di personale medico in grado di effettuare manovre rianimatorie, fare diagnosi e decidere anche una destinazione differente dalla più vicina, ma più idonea; la tipologia del medico e le capacità rianimatorie dello stesso fanno la differenza e consentono di sfruttare appieno il sistema di emergenza integrandolo con l’ospedale. Alcune risorse della telemedicina (invio di filmati in tempo reale, ecografie teletrasmesse dal territorio etc.) possono e potranno ancora di più in futuro, consentire di sfruttare al meglio le risorse disponibili, cambiando forse alcune filosofie di soccorso.

Dobbiamo anche disporre di mezzi di soccorso studiati per poter “trattare” il paziente e non solo trasportarlo. Le nuove filosofie di allestimento risentono di questi indirizzi, in quanto i mezzi di soccorso si stanno “svuotando” di cose meno utili (armadi etc.) per far spazio alle attrezzature sanitarie “vere”, e soprattutto ….. ai sanitari! Infatti, solitamente lo spazio di lavoro a disposizione è limitato e non consente vi approcciarsi adeguatamente al paziente durante il trasporto.

Da tutto ciò se ne deduce che le due filosofie devono essere calate in un contesto che inizia dalla formazione, passa dalla tipologia del personale, tenendo conto del territorio e della distribuzione delle risorse ospedaliere, utilizzando la telemedicina, considerando l’allestimento dei mezzi di soccorso. Un sistema così complesso ed articolato, non può essere semplicisticamente inquadrato in una filosofia di Stay and Play o Soop and Run, ma deve essere valutato ed adattato dinamicamente. L’unica conclusione sintetica che possiamo trarre è che il personale deve essere in grado di effettuare sul posto le manovre salvavita, valutare il paziente per trasportare il paziente giusto, nel modo giusto, all’ospedale giusto, riducendo al minimo i tempi, soprattutto in situazione traumatologica. Quando necessario, devono essere limitate il più possibile le manovre sul posto (solo quelle salvavita in caso di trauma penetrante, emorragia in atto etc.), mentre in altre situazioni, il personale deve essere in grado di rimanere in posto per inquadrare e trattare meglio il paziente, anche per indirizzarlo all’ospedale giusto, ma potendo applicare tutte quelle manovre rianimatorie che sono necessarie.

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