La gestione delle vie aeree in condizioni d’emergenza

Flavia Petrini*, Tiziano Rosafio
Centro di Formazione Emergenze ASL Chieti

(* P.A. Università G.D’Annunzio Chieti-Pescara, Coordinatore “Gruppo di Studio SIAARTI Vie Aeree Difficili”)

 La possibilità di controllare e gestire le vie aeree, garantendo ventilazione e ossigenazione è alla base della conduzione dell’anestesia, sia generale che loco-regionale, ma anche della rianimazione cardio-polmonare.

Nella maggior parte dei casi la maschera facciale e l’intubazione tracheale in laringoscopia diretta consentono di far fronte alle esigenze di assicurare e proteggere le vie aeree. L’esperienza anestesiologica in questo campo si sviluppa durante il percorso di formazione universitaria, che in Italia oggi può essere considerato di livello adeguato agli standard internazionali e viene poi sostenuto dall’esposizione quotidiana a situazioni cliniche sempre diverse, che rendono l’Anestesista Rianimatore lo specialista di riferimento anche nella didattica, oltre che nella clinica in ospedale e nel soccorso extraospedaliero (10,11,21).

In alcune situazioni tuttavia, la combinazione di particolari situazioni anatomiche e/o cliniche, spesso impreviste o imprevedibili, può creare uno scenario che espone l’operatore ad agire in  condizioni di rischio, a volte mortali, e comunque sempre temibili.

La relativamente bassa incidenza di decessi legati a problematiche delle vie aeree non significa che il rischio sia basso. Anche in anestesia ed in condizioni elettive in sala operatoria non è raro trovarsi di fronte a condizioni che rendono difficile la gestione delle vie aeree (l’incidenza di intubazione difficile viene riferita intorno a 1,15-3,8%) e questo rischio cresce nei Dipartimenti di Emergenza (3,0-5,3%), dove sono minori le possibilità di prevedere la difficoltà e programmare un approccio a paziente cosciente, come dovrebbe accadere in sala operatoria (23). Anche in sala operatoria d’altronde si può dover affrontare una condizione di difficoltà imprevista in urgenza.

L ’entità del rischio in anestesia può essere paragonata ad un iceberg sommerso, del quale si vede emergere solo una piccola parte (24). Per intuire la reale dimensione del problema rappresentato dagli incidenti sulle vie aeree è sufficiente esaminare i report degli “eventi sentinella” che ancora oggi li individuano fra gli eventi avversi più frequenti in corso di intervento (2,5).

I sistemi di “risk-management” pensati alla luce delle evidenze della letteratura e dell’applicazione delle Norme di Gestione della Qualità alla Sanità (ISO 9000 o Joint Commission), definiscono gli step fondamentali per migliorare la sicurezza delle procedure mediche (19,31,32).

Questi punti si adattano pefettamente anche alla corretta gestione delle vie aeree e al tentativo di prevenirne gli eventi avversi,sia in elezione che in urgenza:

•         Promuovere una “cultura della sicurezza”

•         Considerare la teoria dell’errore umano e rivedere il design dei devices mediccali, allarmi ecc.

•         Analizzare le cause alla radice dell’incidente

•         Favorire la registrazione dei dati con sistemi computerizzati

•         Favorire l’uso di sistemi automatici di infusione dei farmaci

•         Utilizzare sistemi “bar-coding” e codice colore

•         Adottare checklists preoperatorie (aviation-style)

•         Organizzare le risorse umane: formazione e lavoro in team, risposta alla crisi modulata dopo training (approccio tipico dell’aviazione)

•         Utlizzare simulatori

•         Adottare sistemi di “Incident reporting”

•         Analizzare l’accaduto e ragionare sugli errori (audit)

Le esigenze e l’esperienza sviluppata in ambito anestesiologico hanno favorevolmente influenzato l’industria, inducendo ad ideare e validare devices e tecniche oggi entrati pienamente di diritto nelle Linee Guida (LG) dedicate alla gestione delle vie aeree, sia in elezione che in emergenza-urgenza in sala operatoria (3,8,26,30). L’obiettivo delle Linee Guida è quello di fornire a tutti gli operatori una traccia utile alle esigenze dettate dal contesto clinico nel quale si opera. La sempre maggiore varietà di presidi introdotti in commercio negli ultimi anni ha portato a migliorare notevolmente le possibilità di successo ed ha notevolmente ridotto gli eventi avversi legati al difficile management delle vie aeree, contribuendo fortemente ad aumentare la sicurezza dell’anestesia (19,31).

Non sempre le aspettative sollevate da devices proposti viene confermata con il passare degli anni; la loro efficacia va analizzata oltre che alla luce dell’evidenza scientifica (EBM purtroppo in questo contesto spesso insufficiente), sulla base del consenso espresso da gruppi di lavoro riconosciuti. In mancanza di EBM la tecnica spesso adottata per emettere le raccomandazioni alla base degli algoritmi gestionali è quella della Consensus Conference. Lo stesso principio vale per l’ambito intensivologico, che vede impegnati sanitari di diversa formazione; anche una condizione non difficile per un anestesista può diventare tale per un intensivologo o un emergentista: per questo alcune LG vengono elaborate con il consenso e la partecipazione di più società o associazioni scientifiche (4,27,28). L’esigenza di acquisire esperienza e capacità adeguate è cresciuta negli ultimi anni ed ha portato a discutere anche sul ruolo che le Linee-Guida possono assumere, specie quando usate come strumento di valutazione della condotta clinica (22).

Le competenze nel management delle vie aeree difficili rientrano fra quelle necessarie anche nel campo della rianimazione cardiopolmonare, soprattutto per il trattamento avanzato: le LG internazionali riconosciute risentono della necessità di fornire una traccia utile ad operatori di estrazione diversa e non sempre esperti nel management delle vie aeree, ma anche per questo più spesso costretti ad affrontare situazioni di difficoltà (18). Il campo delle urgenze e delle emergenze può essere sempre considerato un terreno minato per la gestione delle vie aeree: anche quando non si debba trattare un soggetto con difficoltà di intubazione, trovarsi di fronte alla necessità di agire in fretta e con problemi clinici colmplessi (politrauma, lesioni craniocervicali, alterazioni della coscienza, mancanza di autonomia respiratoria, instabilità emodinamica, rischio di ab ingestis…), impone comunque di scegliere il percorso a “minore” rischio, anche se non ne è mai completamente esente, neppure quando il trattamento può essere praticato in ospedale o in sala operatoria (9,17).

In Italia le Linee Guida per l’intubazione difficile ed il difficile management delle vie aeree nell’adulto“ sono state pubblicate da SIAARTI nel 1998 corredate da in Algoritmo decisionale, seguite nel 2001 da quelle pediatriche, emesse in collaborazione fra SIAARTI e SARNePI (29,30). Dal 1999 sempre più spesso il Gruppo ha partecipato a sessioni ECM dedicate alla “Gestione delle vie aeree nelle emergenze”, campo di interesse degli Specialisti in Anestesia e Rianimazione, ma non solo (14).

Le LG, attualmente in via di revisione che ne prevede l’emissione a fine 2004, hanno consentito all’Italia (unica nazione europea insieme alla Francia ad aver prodotto proprie LG nel settore) di partecipare a pieno titolo alla fondazione dell’EAMS (European Airway Mangement Society, http://eams.be), organismo che si prefigge non solo di analizzare la realtà europea ma anche di individuare i campi di sviluppo e delineare le necessità. La gestione delle vie aeree in condizioni di difficoltà imprevista e in emergenza è uno dei topics proposti da EAMS. Il problema è così sentito da meritare sessioni di discussione e didattiche a tutti i livelli ed anche l’European Society of Anaesthesiology (ESA) ne ha fatto oggetto di pubblicazione recente (12). E’ però curioso rilevare come, a fianco di interessanti e valide considerazioni sui devices utili a risolvere situazioni di difficoltà imprevista (come la tecnica della gum elastic bougie), o di CVCI (fallimento dell’intubazione, ma anche della ventilazione), chi commenta l’algoritmo proposto confonda la manovra di Sellick (sottolineando il fatto che spesso viene mal eseguita) con la manipolazione del laringe per migliorare la visione laringoscopica (BURP: back-upward-right-pressure) (12)!

Nella gestione delle vie aeree l’acquisizione di esperienza pratica è fondamentale, ma gli errori commessi sul paziente sono troppo “costosi” per far concludere che l’esperienza diretta sia l’unico processo per acquisire la destrezza necessaria.

La formazione e l’aggiornamento continuo (CME) sono quindi da considerare fondamentali ed indispensabili per il miglioramento delle prestazioni, sia in elezione che a maggior ragione in emergenza: alla teoria va affiancata la didattica pratica e la simulazione, cui questo campo si presta particolarmente (13,21,23,34).

L’obiettivo della didattica teorico-pratica (a maggior ragione oggi che questo campo è riconosciuto dal Ministero come priorità di ECM), è quello di migliorare la conoscenza e la diffusione delle Linee Guida, di consentire una discussione interattiva con gli esperti e permettere l’acquisizione delle manualità fondamentali per affrontare il problema.

Il percorso di sicurezza raccomandato dalle LG deve dare la possibilità di affrontare ogni passaggio rispettando la necessità di ossigenare e ventilare il paziente e rispettando i livelli di sicurezza per non esporlo ad ulteriori rischi (“First: do no harm”) (7,16). Sicuramente in emergenza l’intubazione tracheale costituisce la soluzione ottimale, ma non sempre perseguibile, specialmente nelle urgenze extraospedaliere. Per questo l’utilizzo di devices alternativi come la LMA o il Combitube può costituire la soluzione meno svantaggiosa oggi disponibile per interrompere situazioni di CVCI ed evitare di dover ricorrere a manovre invasive di accesso tracheale anteriore (15).

I problemi specifici dell’emergenza

La complessità di definire Linee Guida per la gestione delle vie aeree difficili in urgenza o emergenza è legata al fatto che si affrontano situazioni ben diverse dalle condizioni elettive; in quest’ambito è ancora più difficile fornire definizioni univocamente accettate e ottenere dati certi sull’incidenza del fenomeno (7).

Inoltre, mentre in caso di difficoltà estrema ad intubare in elezione vige il concetto di recuperare sempre coscienza e respiro spontaneo, ciò non é quasi mai possibile nell’emergenza, dove si realizza spesso la necessità di ricorrere all’intubazione precoce per assicurare la protezione delle vie aeree prima che si instauri una difficoltà critica, atteggiamento descritto con il suggestivo termine di pre-emptive airway management  da Pavlin ne1992. Così le complicanze legate all’intubazione in emergenza variano in letteratura dal 9 al 56% e sono principalmente attribuibili alla difficoltà riscontrata nella laringoscopia e nell’inserimento del tubo tracheale (intubazione esofagea, inalazione polmonare, traumatismi…), oltre ad essere fortemente influenzate dall’esperienza ed dall’estrazione dell’operatore (7,22,34).

Pur di fronte a tante opzioni possibili per la gestione avanzata delle vie aeree, l’applicazione della tecnica della quale si ha maggior conoscenza ed esperienza è ritenuta la scelta migliore, in particolare in condizioni di urgenza ed emergenza; ciò non elimina la necessità di conoscere più tecniche, presidi e procedure e, soprattutto di conoscere la raccomandazioni e le Linee Guida (3,4,6,8,26,27,28,29,30). Va però ricordato che nelle particolari condizioni di rischio e difficoltà che caratterizzano un intervento di RCP, non esiste, o è assai meno percorribile, la via “del ritorno sui propri passi” consigliata dopo che l’induzione dell’anestesia ha rivelato una difficoltà laringoscopica inaspettata (14).

Nel soccorso dell’emergenza alcuni problemi clinici possono condizionare l’accesso alle vie aeree:

a) Il politrauma ed il rischio di instabilità cervicale

Nel caso di politrauma, alle difficoltà tecniche di una via aerea da assicurare magari con un accesso difficile, possono aggiungersi lo shock traumatico, la compromissione della coscienza con assenza di collaborazione di un paziente agitato o incosciente e senza riflessi, i rischi dello stomaco pieno, l’instabilità della colonna e la difficoltà di l’immobilizzarla durante l’intubazione. Le eventuali lesioni possono poi ostacolare l’accesso oro o rino-tracheale, o coinvolgere direttamente le vie aeree. Tali aspetti, pur non modificando l’obiettivo di qualsiasi algoritmo di RCP (pervietà delle vie aeree e ossigenazione ottimale), obbligano ad adattarsi ad una serie di limitazioni gravi, che in elezione non esistono o comunque possono consentire una organizzazione diversa (9,17).

Ricorre a farmaci che possono facilitare la laringoscopia può far emergere un problema emodinamico. Il fatto poi che un politraumatizzato sia per definizione un potenziale traumatizzato della colonna, ha conseguenze rilevanti nel rendere difficoltoso e rischioso l’approccio. Nel tratto da C3 a C7, la stabilità dipende da due colonne portanti: una anteriore che regola la stabilità in estensione e una posteriore che regola la stabilità in flessione. La rottura legamentosa consente un movimento ben più ampio del normale e riduce lo spazio disponibile per il midollo per cui tutte le lesioni cervicali andrebbero trattate come instabili, dal primo soccorso, all’arrivo in PS, fino alla diagnosi, e l’immobilizzazione dovrebbe preludere a qualsiasi manovra destinata al controllo delle vie aeree. Altrettanto pericoloso è d’altronde esitare nel procedere al controllo di ventilazione ed ossigenazione solo per il timore di un danno cervicale. Nessuno dei presidi in uso blocca tuttavia il movimento e i collari semi-rigidi (tipo Philadelphia) lo riducono soltanto del 30%. Una immobilizzazione più efficace si ottiene integrando il collare con cerotti e sacchetti di sabbia tra testa e torace e il piano di appoggio. Queste condizioni, pur eliminando la flessione, permettono ancora un terzo della estensione della testa (9,17). Durante le procedure di controllo delle vie aeree, è stata proposta la stabilizzazione manuale della testa lungo l’asse della colonna (MILS o manual in-line stabilisation), consistente nel far aderire la testa al piano del letto in posizione neutrale e nell’esercitare una trazione in direzione rostrale appoggiando le mani sulle mastoidi. Pur non disconoscendo il valore di tale manovra, per prevenire danni mielici, è essenziale soprattutto ridurre al minimo i movimenti del paziente nelle manovre, anche le più semplici. Se si escludono i pochi pazienti intubati sul luogo dell’incidente (per una scelta di stabilizzare il trauma prima del trasporto), molti arrivano in PS solo col collare cervicale: talvolta è necessario allentare il collare se di ostacolo all’aggancio della mandibola per la ventilazione in maschera ed all’introduzione del laringoscopio o anche al semplice inserimento di una cannula orofaringea. Solo attenzione ed esperienza possono ridurre i rischi e i nuovi presidi per ventilare possono essere provvidenziali in caso di difficoltà a ventilare e intubare in maniera convenzionale.

b) Traumi e lesioni delle vie aeree.

I traumi cranici  richiedono una attenzione specifica nella manipolazione delle vie aeree: l’accesso per via orale può essere difficile, ma è sconsigliabile in questi casi la via nasotracheale. La stimolazione laringea comporta inoltre tachicardia, ipertensione arteriosa, aumento della PIC, con il rischio di danno cerebrale secondario in un soggetto nel quale si è persa l’autoregolazione; altrettanto rischioso l’ipotensione indotta da un approccio farmacologico gestito da personale inesperto. I traumi del massiccio facciale non creano particolari problemi purchè si disponga di aspiratore ben funzionante, a meno che non siano massivi o non ci sia una emergenza asfittica; in tal caso l’accesso anteriore alla via aerea può essere l’unica soluzione salvavita. Se il trauma è anche anteriore del collo vanno però escluse lesioni di trachea e laringe. Ematomi cervicali e enfisema sottocutaneo rendono più difficile la manovra col trascorrere del tempo (nei traumi, nelle ferite da arma da fuoco o nelle lesioni da ustione) ed è prudente l’intubazione precoce e elettiva da sveglio in anestesia locale attuata non appena possibile, prima che si instauri ostruzione da ematoma ed edema, possibilmente sotto visione fibroscopica.

c) Stomaco pieno e rischio di aspirazione.

Tutti i pazienti con compromissione  della coscienza sono potenzialmente a rischio di vomito, rigurgito e inalazione. Per intubare un paziente non digiuno è andata diffondendosi l’intubazione in rapida sequenza (rapid sequence intubation, RSI) abbinata alla contemporanea chiusura esofagea ottenuta con la compressione manuale della cricoide.  La manovra di Sellick viene oggi raccomandata sia nella RCP di base che in quella avanzata vista l’elevata incidenza di aspirazione durante arresto cardiaco, ma non senza discussione; la sensazione è comunque che la causa principale di messa in dubbio sulla sua efficacia sia la frequente esecuzione scorretta (6,12,25).

La manovra di Sellick si è dimostrata efficace sia in posizione di sniffing oltre che supina indifferente, sia durante ventilazione manuale, sia in presenza di sondino nasogastrico, e secondo alcuni AA anche nel caso si debba posizionare LMA (6). Fondamentale però che venga praticata da un operatore dedicato solo ad essa, con tre dita, due ai lati e uno sopra la cricoide localizzata a paziente sveglio. La manovra può essere poi abbinata alla manipolazione ottimale del laringe per facilitare la visione laringoscopica (BURP) o praticata a due mani, una anteriore ed una a sostenere il collo (sempre che non si sospetti lesione cervicale). La pressione da esercitare sulla cricoide per occludere l’esofago è stata calcolata intorno ai 100 cm H2O (4,5 kg), quantificabile in pratica come quella dolorosa se applicata alla radice del naso in un soggetto cosciente; ovviamente la pressione andrà modulata in base alla corporatura del paziente, ma in caso di RSI è da applicare da prima dell’induzione fino a quando la cuffia del tubo viene gonfiata.

d) L’intubazione con l’ausilio farmacologico: RSI

La tecnica RSI, intubazione in sequenza rapida, consiste nel somministrare, dopo preossigenazione, un potente sedativo-ipnotico e una dose piena di miorilassante (idealmente in modo simultaneo e senza assistere il respiro in maschera a pressione positiva), per attuare l’intubazione tracheale laringoscopica nel paziente ancora in respiro spontaneo ma non collaborante, che necessità dell’isolamento delle vie aeree. Per il successo della RSI è essenziale la prevenzione dell’inalazione con la compressione cricoidea, manovra di Sellick, applicata a paziente ancora sveglio.

La RSI prevede sempre una preossigenazione adeguata: le discussioni sulla pari efficacia di 4 respironi rispetto ai 3 minuti al 100% sembrano risolte a favore di quest’ultima, ma è comunque indubbia la necessità di poter ventilare in maschera facciale dopo aver depresso il RS, nel caso non si riesca ad intubare: il solo dubbio che possano esserci difficoltà a farlo dovrebbe fare desistere dalla sedazione profonda (20).

In Paesi nei quali il primo soccorso extra ed intra-ospedaliero è organizzato diversamente dall’Italia, la RSI si è andata sempre più diffondendosi fra gli operatori non Anestesisti. L’apparente semplicità di esecuzione della RSI non deve però trarre in inganno, tant’è che sono comparse in letteratura revisioni critiche ed è vietato usare miorilassanti senza la presenza di un Anestesista Rianimatore, anche se in USA vi è ampia disponibilità a consentirne l’uso a personale di diversa estrazione; è necessario analizzare maggiormente il problema, specie per definire quale alternativa consigliare in caso di insuccesso, scelta che sarà necessariamente diversa a seconda dell’esperienza dell’operatore. Ad oggi la letteratura riporta confronti fra i risultati dei diversi atteggiamenti nel soccorso extra-ospedaliero, dove vanno considerate anche le diverse figure impegnate sulle ambulanze e dove l’intubazione viene spesso praticata anche solo in sedazione, con una percentuale più bassa di successo al primo tentativo (1,23,33).

I vantaggi della RSI orale rispetto alla tradizionale intubazione nasale alla cieca sono la maggior sicurezza della prima nelle lesioni cervicali (pur con le attenzioni al movimento precedentemente descritte e con un maggiore rischio nelle fratture della base del cranio) e il controllo farmacologico degli aumenti di PIC nel trauma cranico. La protezione della perfusione cerebrale è un elemento considerato fondamentale nelle emergenze: è prioritario ossigenare, ventilare e prevenire l’aspirazione, ma anche salvaguardare gli equilibri del microcircolo. I farmaci (per scelta e dosaggio) devono essere adeguati alle condizioni del paziente e vanno scelti in base al loro diverso impatto cardiocircolatorio e sul circolo cerebrale: a questo riguardo midazolam, fentanyl, ketamina, tiopentone, propofol, presentano ognuno diverse caratteristiche (1,14). Fra i curari molte preferenze vanno ancora alla succinilcolina: l’aumento della pressione addominale durante le fascicolazioni è a rischio di inalazione solo nei pz. con ernia iatale, gravidanza o obesità, nei quali non vi sarebbe l’aumento compensatorio del tono dello sfintere esofageo inferiore descritto nel soggetto normale trattato con depolarizzanti. D’altra parte il pre-trattamento per ridurre le fascicolazioni ne riduce l’effetto e fa perdere tempo (dai 60 sec. a 3 min). Coi non depolarizzanti, l’attesa è più lunga di 1 minuto. E’ stato proposto di: a) aumentare nettamente la dose; b)  fare il priming (minidose anticipata; abbandonato perché rischioso); c) fare il timing (bolo di vecuronio, ipnotico alla comparsa di debolezza, intubazione dopo 60 sec); d) usare mivacurium e rocuronio, quest’ultimo più simile alla succinilcolina per intubazione rapida (dopo 60 sec), ma tutto ciò male si adegua alle esigenze di personale non anestesiologico.

La RSI fallisce per tecnica inadeguata, miorisoluzione insufficiente, laringoscopia difficile: la miorisoluzione incompleta (da dose insufficiente, problemi nella linea di infusione per es. inadeguato flushing), con paziente che tossisce o vomita e rigurgita, costituisce l’ostacolo maggiore al suo successo.

Esistono poi alcune controindicazioni che dovrebbero fare preferire altre tecniche: il sospetto di lesione cervicale (dover attuare la MILS può impedire la best position), i rischi della pressione cricoidea (specie dopo l’annullamento del sostegno da tono muscolare), i traumi del massiccio facciale, il sospetto di trauma delle prime vie aeree (per il rischio di distacco laringo-tracheale, tanto maggiore se si pratica la compressione cricoidea o la manipolazione del laringe/BURP). Le modificazioni emodinamiche che si verificano (ipertensione, tachicardia, aritmie) sono inoltre potenzialmente pericolose nella patologia cerebrale o miocardica; è stato proposto il loro controllo, con oppiodi di breve durata,  bloccanti, nitroderivati o lidocaina, ma i risultati sono controversi. Non è quindi tecnica da principianti, ma solo da esperti e va assolutamente evitata nella difficoltà prevista.

Algoritmo consigliato in urgenza

La letteratura convalida le seguenti asserzioni:

–         l’ipossiemia e l’acidosi sono più pericolose del rischio di neurolesione;

–         i danni neurologici sono legati non alla tecnica con la quale si controlla la via aerea ma alla sottovalutazione del rischio e delle precauzioni da adottare;

–         anche nell’approccio all’urgenza si possono comunque applicare semplici indagini obiettive che consentono di identificare gli indici predittivi di intubazione difficile;

–         l’intubazione va praticata a paziente sveglio ogniqualvolta si sospetti una difficoltà di rilievo o si abbia certezza di rigurgito e vomito;

–         un piano di ritorno sui propri passi va comunque preparato, anche se poi non è sempre semplice attuarlo;

–         presidi e procedure scelte devono essere già noti all’operatore e l’esperienza nella loro attuazione va acquisita prima;

–         il paziente va valutato nel suo insieme, definendo l’ordine di priorità in relazione ai rischi più gravi, che sono: 1) ossigenazione inadeguata; 2) ventilazione inadeguata; 3) coscienza compromessa; 4) protezione delle vie aeree inadeguata; 5) circolo cerebrale compromesso; 6) instabilità emodinamica;  7) lesioni associate.

In conclusione il decalogo che si può desumere da tutte le LG e gli Algoritmi pubblicati sulla gestione delle vie aeree, adatto sia al campo anestesiologico che a quello delle emergenze, individua i seguenti punti critici su cui lavorare per ridurre le complicanze e gli eventi avversi della gestione delle vie aeree:

Mancanza di un Algoritmo comportamentale (o ignoranza degli esistenti)!
Insufficiente o assente training (Medici & Nurses)!
Scarso potere predittivo e specificità dei tests!
Preossigenazione fondamentale (per risparmiare tempo e vita)!
Aiuti non allertati  (per ignoranza, omissione odimenticanza)!
Equipaggiamento insufficiente (o non efficiente, o in disordine)!
Ignorare quando e come fermarsi nei tentativi!
Sottovalutare l’informazione ed il Consenso quando possibili!
Controllare intubazione (non solo con l’auscultazione…)!
Imprudenza al fissaggio del tubo e all’estubazione!

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