Gestione delle vie aeree difficili nella emergenza intraospedaliera
T. Rosafio (1), C. Cichella (2)
(1) Resp. Centro Formazione Emergenze-Chieti, Elisoccorso 118 Pescara, Istituto di Anestesia e Rianimazione: Prof M. Scesi P.O.SS.ma Annunziata ASL Chieti
(2) U.O.C. di Anestesia, Rianimazione, Terapia del Dolore: Dr. G. Bosco O.C. Spirito Santo ASL Pescara
Come anestesiti spendiamo gran parte del nostro lavoro nella gestione delle vie aeree. La gestione delle vie aeree difficili resta uno dei compiti più impegnativi per gli anestesisti nella routine in ambiente protetto, lo è di più nell’emergenza, ancora di più nell’emergenza fuori dagli ambienti protetti (reparti, ambulatori, aree diagnostiche, pronto soccorso), fino a livelli massimi di impegno nell’emergenza territoriale.
La gestione complicata o fallita delle vie aeree, in un paziente critico e quindi, nella gran parte dei casi, già ipossico, lo espone: a danno cerebrale permanente o ad una serie di sequele che possono pregiudicare l’esito di trattamenti medici o chirurgici che hanno determinato il ricovero, se non al decesso. Percentuali non trascurabili di mortalità o di invalidità definite “evitabili” trovano fra le cause scatenanti una gestione problematica delle vie aeree (International Evidence Conference on CPR – 2000) (1,2,3).
Le richieste di risarcimento in seguito a complicanze verificatesi durante la gestione delle vie aeree continua a costituire un’importante aspetto (se non il più importante) del database dell’ASA Closed Claims Project.
Una migliore organizzazione dell’intervento di emergenza in Ospedale, come il sostegno delle funzioni vitali da parte del medico o dell’infermiere del reparto in attesa del rianimatore, potrebbe dare risultati positivi e, alla base delle iniziative necessarie, la definizione degli interventi di sostegno del deficit respiratorio trovano diverse soluzioni da offrire a tutti i sanitari (4).
In molte situazioni di emergenza ospedaliera, al momento della richiesta dell’intervento del rianimatore, l’intubazione tracheale rimane l’unico intervento possibile ed il “gold standard” per ripristinare una ventilazione adeguata (5,6,7,8).
L’intubazione tracheale affrontata in emergenza fuori dagli ambienti protetti è sicuramente più difficile rispetto alla manovra eseguita in sala operatoria (9-56% vs 1.15-3.8%) (9,10): la posizione operatore/paziente spesso scomoda, la non disponibilità di alcuni devices o attrezzature, la limitata esperienza degli operatori di supporto, il rischio o l’avvenuta inalazione di contenuto gastrico, sono fattori determinanti.
Anche se è difficile ricavare dalla letteratura l’esatta incidenza, i punti di crisi aggiuntivi sono legati alle condizioni particolari del paziente, ma anche al tipo di organizzazione e all’equipe (11,12,13,14,15,16).
Purtroppo in emergenza, quando l’intubazione si rende necessaria, è difficile per il rianimatore riuscire a mettere in atto quella valutazione dei fattori di rischio di difficoltà di ventilazione e di intubazione raccomandata per la situazione di elezione, non fosse altro perché si viene chiamati ad agire quando le riserve fisiologiche sono compromesse da ipoventilazione o apnea protratte. Si rischia di lavorare alla cieca, senza la certezza di poter escludere condizioni di stomaco pieno o, nel trauma, di instabilità cervicale. Se il soggetto è incosciente gli indici valutabili con l’esame obiettivo si riducono a pochi parametri che l’occhio clinico deve cogliere senza possibilità di precisione, oltre al fatto che l’emodinamica può essere criticamente compromessa e che la necessità di somministrare farmaci per operare una RSI (Rapid Sequenze Intubation) può ulteriormente deteriorare il quadro clinico. La mortalità associata a intubazione tracheale praticata in emergenza è infatti più elevata nei soggetti emodinamicamente instabili e in terapia con vasopressori prima dell’intubazione (18). E’ anche più elevata l’incidenza di arresto cardio-respiratorio in corso di intubazione eseguita in emergenza (18).
Inoltre, negli ambienti non protetti, l’aiuto tecnico necessario può non essere ottimale, e i devices “rescue” per la gestione delle vie aeree e gli strumenti di monitoraggio non sono sempre disponibile come in sala operatoria; non sorprende perciò che l’incidenza di laringoscopia difficile sia più elevata che in sala operatoria.
Quali soluzioni adottare per migliorare il sistema?
Innanzitutto la prevenzione delle criticità cliniche nei reparti.
E’ necessario educare, formare il personale sanitario dei reparti a riconoscere i segni clinici di peggioramento, nel tentativo di prevenire l’evento terminale (arresto cardio-respiratorio); e ad affrontare l’emergenza, quando questa si verifica.
Gli arresti cardiaci intraospedalieri, i ricoveri in Rianimazione e ICU, le morti inaspettate, sono infatti generalmente preceduti da un peggioramento clinico 24 ore prima dell’evento (alterazioni respiratorie, cardiocircolatorie, neurologiche) che andrebbero precocemente identificati e trattati (4). “Critical Care” non è un luogo (la Rianimazione o la Sala Operatoria), bensì un processo in cui è integrato l’intero sistema ospedaliero con tutti i suoi reparti medici, chirurgici, pronto soccorso, ambulatori. A risponderne è tutto il personale sanitario del sistema ospedale che si trova di fronte all’emergenza e che deve riconoscerla precocemente, allertare il MET (Medical Emergency Team), essere in grado di ossigenare il paziente e sostenere le funzioni vitali senza attendere inerme il consulente rianimatore (4,30).
Parte importante è anche la formazione del personale del reparto ad assistere correttamente l’anestesista durante le manovre per la gestione delle vie aeree.
Ultimo tassello nella formazione, ma primo dei cinque anelli della Catena della Sopravvivenza dell’Arresto Cardiaco Intra-ospedaliero, è la decisione se appropriato o meno rianimare (DNR o futilità) (quindi allertare il MET, quindi intubare).
Secondariamente, l’intervento del rianimatore deve prestare attenzione alle alternative utili ad affrontare le difficoltà laringoscopiche, ai devices per ventilare più adeguatamente che in maschera facciale, all’uso di tecniche che possono aiutare in una laringoscopia difficile imprevista ed infine al controllo di posizione del tubo tracheale inserito con difficoltà. Estrema soluzione in caso di fallimento dell’intubazione e della ventilazione (cannot ventilate, cannot intubate), le tecniche di accesso rapido alla trachea, invasive ma oggi meno rischiose grazie a kit appositi, che il rianimatore deve indispensabilmente conoscere.
In pratica, ogni anestesista, nella gestione delle vie aeree difficili nell’emergenza intraospedaliera, dovrebbe avere familiarità e buona praticità, non solo con l’intubazione tracheale, ma anche con devices alternativi all’intubazione(PEG: Presidi ExtraGlottici), e tecniche (kit per l’accesso tracheale rapido) che devono essere disponibili al momento, in modo che, quando si verifica un problema, questo possa essere gestito nel modo più corretto. Tuttavia, con i rapidi progressi tecnologici nella gestione delle vie aeree, molti dei nuovi devices sono estranei alla maggior parte degli anestesisti; sarebbe opportuno, nell’emergenza in ambienti non protetti, avere ed usare quelli con cui si ha più esperienza, che poi, generalmente, coincidono con quelli citati negli algoritmi della gestione delle vie aeree difficili delle varie linee guida nazionali (SIAARTI) ed internazionali.
Queste attenzioni, e l’immediata disponibilità dei presidi rescue, sembrano avere un impatto significativo sull’incidenza dell’arresto cardio-respiratorio nell’emergenza (2.8% prima dell’accesso immediato ai devices vs 1.4% dopo l’accesso immediato) (18).
Per quanto concerne la scelta della tecnica di intubazione, ormai sconsigliata dalle linee guida l’intubazione alla cieca, la Rapid Sequence Intubation (RSI) viene considerata la tecnica più sicura e più agevole in emergenza per tutte le età, e mostra una frequenza di successo approssimativamente del 98% (19,20,21). Adottata per creare rapidamente condizioni migliori di laringoscopia, per attenuare le risposte fisiopatologiche riflesse alla laringoscopia e all’intubazione tracheale, e per ridurre il rischio di inalazione (22). La rapida somministrazione di un agente ipno-induttore e di un miorilassante è la tecnica farmacologia di scelta (22). Tra le complicanze immediate sono riferite ipossiemia, ipotensione e alterazioni del ritmo cardiaco (23); ma intuitivamente la più grave complicanza della RSI è l’intubazione difficile imprevista (22). Il riscontro di una laringoscopia difficile (database del National Emergency Airway Registry [NEAR]: 2.7%), apre scenari di utilizzo di tecniche rescue, non prive di rischi da mancata protezione delle vie aereee, ma non per questo da tralasciare (PEG), unica via alternativa alla cricotirotomia, che ha un’incidenza dello 0.1-0.2% (24,25). Approcci diversi (Non-RSI) hanno comparativamente una più bassa frequenza di successo di intubazione, richiedono più tempo, e sono associati con maggiori complicanze (26,21).
CONCLUSIONI
Gli Anestesisti Rianimatori, se adeguatamente addestrati, attrezzati e coadiuvati, posseggono le basi culturali per fornire la consulenza adeguata a risolvere l’emergenza critica ospedaliera. Acquisire l’equipaggiamento rescue non è, generalmente il problema principale: lo è imparare ad usarlo (27). L’auto-apprendimento, attraverso la lettura delle informazioni prodotte dalla letteratura e dagli studi clinici che criticamente valutano il device, la visione di videotapes, la partecipazione a workshops e convegni specifici, la simulazione con manichini (28,29), rappresentano un inizio (opportuno, necessario), ma ognuna di queste soluzioni presenta gravi limitazioni. Una per tutte, non sostituiscono l’esperienza acquisita con la pratica clinica.
Molti problemi di gestione delle vie aeree difficili possono essere risolti con devices e tecniche relativamente semplici, ma il buon senso clinico nato dall’esperienza è cruciale per un uso appropriato. Come per la tecnica di intubazione, la pratica e l’uso routinario miglioreranno la performance e potranno ridurre le probabilità di complicanze. Ogni device per la gestione delle vie aeree ha caratteristiche proprie che possono essere vantaggiose in alcune situazioni e limitanti in altre. Specifiche tecniche di gestione delle vie aeree sono enormemente influenzate dall’anatomia e dalla patologia del paziente, e una gestione di successo può richiedere la combinazione di tecniche e devices.
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