Germi emergenti, trattamento antimicrobico e aspetti farmacocinetici e farmacodinamici degli antibiotici

Prof.Gianfranco Amicosante
Cattedra di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università dell’Aquila.

L’intestino umano può essere considerato un formidabile reservoire di specie microbiche che diventano spesso patogene quando le difese immunitarie decadono o quale conseguenza di una prolungata ospedalizzazione a seguito di interventi chirurgici di urgenza o nei politraumatizzati e nei pazienti oncologici. Il trattamento antibiotico viene spesso condotto quale terapia empirica e con l’uso di molecole ad ampio spettro di attività. Il laboratorio di microbiologia clinica deve costituire il presidio di elezione nella identificazione del germe responsabile e nel consigliare, sulla base del profilo di suscettibilità ai vari agenti antimicrobici, le molecole adatte per un approccio mirato ai germi responsabili dell’infezione. L’uso inappropriato di farmaci antimicrobici conduce quasi inevitabilmente alla insorgenza del fenomeno di resistenza con la selezione di ceppi francamente resistenti o multiresistenti, abili nel diffondersi in ambito nosocomiale, e capaci di provocare micro o macroepidemie difficili da controllare e spesso responsabili di morte nei pazienti più defecati oltre che ad un notevole aggravio della spesa sanitaria. I germi responsabili possono essere diversi, tra i batteri gram-positivi l’Enterococcus spp, lo Stafilococcus aureus, e gli Stafilococchi coagulasi negativi (CNS) possono essere considerati i più seri da trattare mentre tra i gram-negativi lo Pseudomonas aeruginosa, l’Acinetobacter spp., l’Enterobacter cloacae, la Klebsiella pneumoniae, il Proteus mirabilis, il Citrobacter freundii e la Serratia marcescens sembrano aver acquisito nuovi e più potenti sistemi di difesa dagli antibiotici.

Tuttavia, anche in presenza di una corretta identificazione del germe responsabile e delle molecole adatte al trattamento, spesso si assiste ad un insuccesso terapeutico dovuto a differenti fattori quali l’accessibilità del sito di infezione da parte dell’antibiotico, la sua clearance dal torrente ematico o dal tessuto bersaglio ed infine la selezione di ceppi naturalmente resistenti presenti nelle popolazioni microbiche molto concentrate.

L’uso mirato e ragionato delle molecole antimicrobiche a disposizione del clinico deve consentire di ridurre l’uso di questi farmaci in via empirica ed aiutare a controllare il fenomeno dell’antibiotico resistenza, causa principale di insuccesso terapeutico.