Flusso ematico cerebrale e metabolismo dopo ESA

lusso ematico cerebrale e metabolismo dopo ESA
Manuela Cormio, Gennarina Portella.
Anestesia e Rianimazione – Osp. S. Gerardo Monza, Via Donizzetti, 106 – 20052 Monza (MI) Italy – Università Milano-Bicocca

Il quadro anatomopatologico di danno ischemico successivo ad emorragia subaracnoidea (ESA) è noto dagli inizi degli anni ’50 Da allora numerosi sforzi sono stati fatti per individuare le cause e le possibilità di trattamento delle lesioni ischemiche post-ESA.

Numerosi studi effettuati post-mortem nei pazienti con ESA hanno dimostrato che il danno ischemico cerebrale era spesso non limitato a singoli territori vascolari, e che tali alterazioni potevano essere un problema più generalizzato e non ristretto a singoli foci ischemici.

Il flusso ematico cerebrale (CBF) dopo emorragia subaracnoidea varia in relazione sia al momento della misurazione rispetto all’epoca del sanguinamento, sia allo stato clinico del paziente che alla presenza o meno di vasospasmo. In generale, pazienti con deficit neurologici più gravi e pazienti con grado più severo di vasospasmo presentano una più marcata depressione di CBF e di metabolismo (CMRO2). Queste anormalità probabilmente riflettono il danno primario causato dall’emorragia iniziale. L’impatto di insulti secondari come l’idrocefalo acuto, l’edema cerebrale, il vasospasmo, le convulsioni, l’ipotensione, l’ipossiemia è probabilmente dipendente dal grado dell’insulto primario.

Bisogna inoltre sempre ricordare l’arresto globale di flusso che avviene al momento del sanguinamento quando i valori di ICP si approssimano ai valori della pressione arteriosa diastolica. L’aumento di ICP durante la rottura di un aneurisma ha il risvolto di favorire l’emostasi della breccia nella sacca aneurismatica. Questo arresto può variare da pochi secondi fino a qualche minuto o anche persistere nel caso della formazione di un ematoma intracerebrale, con conseguenze devastanti non solo all’emodinamica e metabolismo cerebrale ma anche alla clinica del paziente. L’iniziale riduzione di CBF dovuto all’elevata ICP, seguita da diminuito CMRO2 (sempre dovuto a un effetto deleterio dell’ESA sulle cellule cerebrali), al momento della rottura della sacca aneurismatica potrebbe giocare un ruolo importante nei disturbi di flusso e di metabolismo delle fasi seguenti.

Studi di flusso ematico cerebrale (Xe-CT, RM, PET) sono stati in grado di registrare bassi valori di CBF e di differenziare, a seconda del grado di diminuzione, lesioni ischemiche reversibili e infarti irreversibili.

Jakobsen et al hanno studiato precocemente (entro 72 ore dal sanguinamento) l’andamento del CBF in 48 pazienti; nei pazienti con presentazione clinica migliore (Hunt-Hess I-III) il CBF regionale era quasi normale (45,8 ml/100g/min). Il CBF dei pazienti più gravi (H-H IV-V) era estremamente basso (18,3 ml/100g/min), prossimo alla soglia ischemica. Nelle due settimane successive, il CBF nei pazienti meno gravi si riduceva mentre in quelli più gravi aumentava, pur rimanendo a valori inferiori alla norma (da 18,3 a 32,1 ml/100g/min). Una significativa correlazione negativa era stata inoltre osservata tra metabolismo cerebrale e quantità di sangue subaracnoideo, ulteriormente ridotto in caso di sanguinamento intraventricolare.

Anche Meyer ha descritto una diminuzione del CBF nelle fasi precoci. 46 pazienti in seconda giornata dal sanguinamento presentavano un CBF medio di poco superiore a 40ml/100g/min.

Knuckey ha valutato il CBF durante la prima settimana dal sanguinamento in pazienti con buona presentazione clinica. Il CBF medio iniziale nei pazienti che in seguito svilupparono lesioni ischemiche era di 42 ml/100g/min, significativamente più basso di quello dei pazienti che non mostrarono ischemia (49 ml/100g/min). Il CBF ridotto non era secondario a ipertensione endocranica o a vasospasmo angiograficamente visibile ma legato a emorragia subaracnoidea diffusa e di notevole spessore. Questo studio dimostra, inoltre, un andamento in riduzione del CBF nei giorni successivi all’ESA fino a valori ischemico nel 32% dei pazienti.

Hino et al dimostrarono, in un non recente ma elegante studio con la PET, una significativa riduzione globale del CMRO2 dopo ESA anche nella corteccia apparentemente normale, anche e nonostante, un adeguato (numericamente) CBF. La riduzione di CMRO2 dipendeva dalla severità dell’emorragia subaracnoidea o dalla gravità clinica. Questi autori dimostrarono nei territori corticali interessati da vasospasmo un diminuito CBF e un aumentato volume ematico cerebrale (dei vasi intraparenchimali) compensatorio.

La riduzione di CBF individuata nelle fasi iniziali della malattia e la sua successiva ulteriore diminuzione non trova per nessuno di questi studiosi una spiegazione sufficiente e chiara. Questo pattern interessa tutti i pazienti colpiti da emorragia subaracnoidea, compresi quelli senza alterazioni dello stato di coscienza e/o senza deficit neurologici e senza evidenza di ipertensione endocranica o vasospasmo angiografico.

Le ipotesi fatte sono:

–         danno a livello dei distretti vascolari periferici o microvascolare collegabile con l’evento emorragico (ESA)

–         diminuzione del metabolismo cerebrale (CMRO2), correlata al grado clinico e alla presenza di vasospasmo, dovuta al danno ischemico verificatosi nelle primissime fasi dell’emorragia

–         limite ischemico di CBF più alto che durante ischemia acuta occlusiva

Effettivamente Jackobsen correla la progressiva diminuzione del flusso nei giorni successivi al sanguinamento con il ristabilirsi dell’accoppiamento tra flusso e metabolismo. Il CMRO2 è, infatti, stabilmente ridotto nel suo gruppo di pazienti con H-H I-III.

L’insieme degli studi a disposizione sul flusso ematico cerebrale sembra concorde nel definire che dopo ESA il CBF e il CMRO2 sono ridotti. Questa riduzione è proporzionale alla gravità del quadro clinico, tende nel tempo a riportarsi verso la normalità ed interessa anche i pazienti senza disturbi neurologici o disturbi di coscienza. E’ un processo diffuso bilateralmente, indipendente dalla sede dell’aneurisma e possono coesistere quadri regionali variabili che vanno dall’ischemia all’iperemia assoluta: questa variabilità è evidente soprattutto nei casi più gravi.

A questa precoce riduzione del CBF, si sovrappone, quando insorge un quadro di vasospasmo, un ulteriore decremento del flusso ematico cerebrale. E’ stata osservata una correlazione positiva tra CBF regionale e diametro dei vasi di maggior calibro. Pazienti con spasmo angiografico grave (riduzione del calibro >50%) e diffuso (dimostrato in due o più arterie) hanno sempre dimostrato un basso flusso ematico globale (21±5 ml/100g/min). In questi pazienti la TAC ha rivelato successivamente aree infartuali. La concomitante presenza di riduzione di flusso e vasospasmo è stata considerata come dovuta alle stesse cause. In particolare la quantità di sangue fuoriuscita al momento della rottura dell’aneurisma determina l’entità della riduzione di CMRO2, la riduzione del CBF ed il grado di vasospasmo.

In generale, pazienti con deficit neurologici più gravi e con un grado più severo di vasospasmo, hanno una maggior diminuzione di CBF e di CMRO2. Il volume ematico cerebrale nei pazienti con deficit neurologici gravi associati a vasospasmo, è, al contrario, aumentato. Questo indica che il vasospasmo produce una vasocostrizione dei vasi extraparenchimali associata a massiva dilatazione dei vasi intraparenchimali per compenso.

Tutti i pazienti con vasospasmo diffuso di grado severo hanno mostrato aree focali di diminuzione di flusso (< 30 ml/100g/min) oltre ad una riduzione globale del CBF medio. La comparsa di vasospasmo nelle angiografie è stata seguita da un aumento del CBF nei foci ischemici e del CBF medio nel tempo. I deficit neurologici prodotti da ischemia vasospastica sono, infatti, potenzialmente reversibili se un adeguato flusso ematico può essere ripristinato prima dell’insorgenza dell’infarto permanente.

Una modificata risposta vascolare alla CO2 ed alterata autoregolazione, sono stati descritti nei pazienti con deficit neurologici, grave vasospasmo e marcata riduzione del CBF. La diminuita autoregolazione al CBF durante vasospasmo potrebbe riflettere un’alterata capacità dei vasi più distali a dilatarsi in risposta alla diminuita perfusione locale o semplicemente indicare che la perfusione distale alle grandi arterie in spasmo è così bassa che le arteriole sono già massimamente dilatate.

Queste grave alterazioni della reattività cerebrovascolare potrebbero anche spiegare perchè le regioni interessate da lesioni ischemiche non siano sempre associate ai territori vascolari interessati dal vasospasmo. Le alterazioni dell’autoregolazione possono avere numerose cause: rottura della barriera ematoencefalica, rilascio di prostaglandine, produzione di fattori vasodilatatori derivati dall’endotelio e ematomi cerebrali focali associati con l’ESA o lesioni causate dai retrattori durante la chirurgia vascolare. Sono numerosi gli studi che dimostrano come l’alterata autoregolazione sia una grave complicanza dell’emodinamica cerebrale che può amplificare il ruolo negativo del vasospasmo e quindi sia associata con una più alta incidenza di danni ischemici  in fase subacuta.

Va peraltro ricordato come le cause di ischemia cerebrale dopo emorragia subaracnoidea non siano solo da attribuire alle variazioni emodinamiche sopra citate o al vasospasmo. Sono infatti molti i fattori (insulti secondari) che possono contribuirvi come ipotensione o ipossia, o aumento secondario di ICP o epilessia etc. Questi elementi associati a una diminuzione della reattività cerebrovascolare e a un’aumentata vulnerabilità cerebrale post-ESA possono indurre o peggiorare il danno ischemico e contribuire a un outcome neurologico sfavorevole.

I dati sopra riportati indicano come il flusso ematico cerebrale e il metabolismo siano alterati dopo ESA e come eventi successivi (vasospasmo) possano peggiorare un quadro emodinamico già compromesso.

Appare necessario ed utile monitorare il flusso ematico cerebrale in questi soggetti e soprattutto valutarne l’adeguatezza rispetto alle richieste metaboliche.

E’ inoltre importante, nelle prime due settimane, realizzare tutte le strategie disponibili per ottimizzare il flusso ematico cerebrale in modo da evitare l’insorgenza o limitare l’estensione di lesioni ischemiche.

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