Contusione miocardia e lesioni dell’aorta toracica
G. NARDI
INTRODUZIONE
Il trauma toracico è causa di un quarto delle morti da trauma[i]. Tra le vittime di incidenti stradali, il 50% circa presenta un trauma toracico isolato o associato ad altre lesioni e nel 25% dei casi le lesioni toraciche costituiscono la causa principale del decesso:[ii] Le lesioni dell’aorta ed il trauma chiuso del miocardio rappresentano, unitamente al pneumotorace iperteso, le principali cause di mortalità da trauma toracico. Sia la diagnosi che il trattamento di queste patologie sono stati recentemente oggetto di revisione alla luce dello sviluppo di nuove metodiche diagnostiche e terapeutiche.
Vengono di seguito affrontate alcune delle patologie traumatiche che sono state recentemente oggetto di una modificazione rilevante nelle strategie di trattamento e che si sono giovate dell’introduzione di tecniche diagnostiche e terapeutiche innovative.
Il trauma cardiaco: Blunt Cardiac Trauma (BCT)
L’incidenza e l’importanza clinica delle contusioni cardiache devono ancora essere definite con precisione, perché per molti anni il termine “contusione miocardica” è stato utilizzato in assenza di criteri diagnostici standardizzati, generando notevole confusione nell’interpretazione dei dati e rendendo difficile il confronto delle casistiche. Le raccomandazioni attuali prevedono che il termine “contusione miocardica” sia abbandonato a favore della definizione di “trauma chiuso del miocardio” o “blunt cardiac trauma -BCT”. Questo termine deve però essere riservato ai soli casi in cui un trauma toracico si associa ad aritmie severe o alla presenza di un deficit di pompa cardiaca.
L’evento traumatico puo’ coinvolgere il miocardio sia per trasferimento diretto dell’energia dell’impatto alle strutture cardiache, che con un meccanismo di compressione del cuore tra lo sterno ed il rachide, o ancora come conseguenza di una rapida decelerazione che genera uno stiramento dei tessuti.
Benchè il termine “trauma cardiaco chiuso o BCT” definisca i soli casi in cui l’impatto ha interessato effettivamente le strutture cardiache, una importante disfunzione dell’attività contrattile puo’ verificarsi anche in assenza di un traumatismo diretto e cio’ nonostante puo’ comportare alterazioni emodinamiche di assoluta gravità tali da rendere estremamente complessa la gestione del paziente politraumatizzato e rappresentare una rilevante concausa di morte.
Il termine BCT si riferisce ad un ampio spettro di lesioni, che vanno dai danni strutturali (emorragie del miocardio, rottura di setto, delle corde tendinee o delle pareti) a danni anatomicamente meno rilevanti a condizione che questi si associno a sintomi significativi come ipotensione o aritmie minacciose. Le anomalie strutturali da trauma coinvolgono prevalentemente il cuore destro. Le lesioni valvolari sono invece più frequenti a sinistra perché il maggior spessore delle pareti ventricolari comporta una minor distensibilità delle camere cardiache e favorisce la trasmissione all’area valvolare di importanti gradienti pressori. Lesioni della mitrale e della valvola aortica si registrano nell’1% circa dei casi di BCT. Un traumatismo cardiaco può comportare anche lacerazioni e dissezioni delle coronarie ed essere responsabile di infarti acuti. Queste lesioni sono state rilevate su studi autoptici nel 2% delle vittime di trauma toracico[iii]. In pazienti politraumatizzati con coesistenti lesioni a carico di organi addominali o degli arti, la diagnosi precoce di trauma cardiaco è spesso difficile. L’ipotensione viene generalmente considerata “a priori” come dovuta ad ipovolemia e proprio a causa della mancanza di dati epidemiologici l’ipotesi di un traumatismo cardiaco è spesso considerata solo tardivamente. Per contro, in mancanza di una diagnosi precoce e di un trattamento corretto, i pazienti affetti da BCT possono andare incontro a gravi complicanze. Baum ha dimostrato che in assenza di un monitoraggio adeguato questi pazienti hanno un significativo aumento di complicanze peri-operatorie gravi[iv].
I pazienti che presentano un rischio di BCT dovrebbero essere prontamente identificati e sottoposti a monitoraggio adeguato anche con il ricorso a tecniche invasive. Inoltre gli interventi chirurgici che non rivestono carattere d’urgenza dovrebbero essere dilazionati o affrontati con tecniche tali da limitare lo stress operatorio.
Purtroppo però la diagnosi precoce di BCT è spesso difficile ed i criteri diagnostici hanno scarso valore predittivo. L’elettrocardiografia da sola è poco affidabile in quanto non vi sono alterazioni ECG specifiche di BCT e viceversa molti pazienti con trauma del torace possono presentare alterazioni aspecifiche del tracciato elettrocardiografico senza alcuna relazione con un coinvolgimento traumatico del miocardio: la presenza di emopneumotorace, enfisema sottocutaneo o ematomi dei tessuti molli, possono comportare alterazioni della registrazione degli impulsi elettrici cardiaci. Il valore predittivo positivo delle anomalie elettrocardiografiche è molto limitato, tuttavia il valore predittivo di un ECG negativo raggiunge il 95% e pertanto pazienti con trauma toracico, ma con ECG negativo hanno una bassa probabilità di sviluppare complicanze cardiache gravi[v]. L’ecocardiografia ha un ruolo importante nello studio di anomalie funzionali e strutturali del cuore[vi], ma la ventilazione artificiale, la coesistenza di enfisema sottocutaneo o di alterazioni della gabbia toracica e del parenchima polmonare possono diminuire la capacità di risoluzione dell’ecografia trans-toracica. Secondo un recente studio di Salim[vii], l’approccio transtoracico consente di identificare meno del 50% dei casi di BCT. L’Eco transesofageo (TEE) è sicuramente più accurato, ma pochi ospedali possono disporre di questa tecnologia su tutto l’arco delle 24 ore ed inoltre la corretta interpretazione dei dati nel contesto di un trauma toracico richiede molta esperienza. L’ Eco TE andrebbe utilizzato nei pazienti già identificati con test meno invasivi come soggetti ad alto rischio di BCT.
Recentemente è stato dimostrato che la contusione del miocardio si associa al rilascio di Troponina T e I e che la quantità di troponina presente nel sangue è correlata con l’entità dell’energia assorbita dal miocardio in conseguenza del trauma[viii]. Pertanto la determinazione dei livelli serici di troponina è sembrata poter essere un valido ausilio diagnostico per identificare rapidamente i pazienti con BCT. Tuttavia un rilascio di troponina si può verificare anche in seguito ad una ipoperfusione del miocardio conseguente a shock emorragico e di conseguenza livelli elevati di troponina possono essere presenti nel sangue anche in assenza di fenomeni di traumatismo diretto.[ix] Pertanto benchè il valore predittivo negativo della troponina (cTnI) sia elevato, il valore predittivo positivo è molto più bassovii. Salim ha proposto di utilizzare in associazione ECG e troponina come test di screening per BCT nei pazienti con trauma toracico. Utilizzando questo approccio ha evidenziato come quando entrambe i test (ECG e cTnI) sono alterati, il 62% dei pazienti presenta una disfunzione miocardica, mentre non vi sarebbero casi di BCT quando entrambe i test sono negativi.
Secondo i nostri dati tuttavia, i termini della questione potrebbero essere più complessi. Per valutare l’incidenza di BCT in una popolazione selezionata di pazienti ad alto rischio, abbiamo sottoposto ad indagini approfondite per valutare la presenza di lesioni cardiache, tutti i traumatizzati gravi (ISS ³ 16) ammessi al Pronto Soccorso dell’Ospedale S. Camillo nell’arco di 8 mesi (dal 1 febbraio al 30 settembre 2002) che presentavano anche un trauma toracico maggiore (AIS torace ³ 3). Il sospetto di BCT è stato posto in presenza di alterazioni emodinamiche importanti e/o di aritmie severe e la diagnosi è stata confermata con studi ecografici e/o tramite autopsia. In tutti i pazienti è stata dosata la troponina all’ingresso (T0) e ad intervalli successivi (T1 tra la 4° e l’8° ora, T2 tra l’8° e la 16° e T3 tra la 16° ora e la 24°). 10 pazienti su 46 (21%) hanno presentato un quadro di BCT. Le lesioni rilevate variavano di gravità andando dall’aritmia severa allo shock cardiogeno fino alla rottura dell’atrio. In due pazienti il BCT è stata la causa principale di morte, in tutti gli altri casi ha comunque comportato la necessità di modificazioni importanti del trattamento. A differenza di quanto riportato da Salim, i nostri dati hanno evidenziato come la sensibilità e la specificità della troponina come marker di BCT siano condizionate in modo estremamente rilevante dall’intervallo tra il prelievo ed il trauma. La determinazione della cTnI all’ingresso ha dimostrato bassa sensibilità, mentre all’8° ora tutti i pazienti con BCT avevano livelli di troponina superiori alla norma. La specificità del test è risultata limitata in tutti i punti della curva a dimostrazione del fatto che nei traumatizzati gravi molteplici fattori oltre ad un trauma diretto possono comportare una sofferenza miocardica determinando il rilascio di troponina cardiaca.
Le contusioni polmonari gravi sono spesso associate ad una disfunzione miocardica anche in assenza di un trauma diretto sulle strutture cardiache. Studi sperimentali hanno dimostrato che due fattori possono contribuire a deprimere la performance cardiaca: una riduzione della contrattilità del ventricolo destro e un incremento significativo del post-carico destro.[x]. Dati preliminari suggeriscono l’ipotesi che la depressione della funzionalità miocardica successiva ad una contusione polmonare possa essere mediata da fattori neuroumorali circolanti e che anche il tromboxano possa svolgervi un ruolo. Inoltre l’incremento dell’afterload dovuto al rapido aumento delle resistenze polmonari e la conseguente insorgenza di ipertensione polmonare, potrebbe a sua volta contribuire significativamente a compromettere la capacità funzionale del ventricolo destro. Lesioni del miocardio generatesi in assenza di un traumatismo diretto sono state osservate anche nei pazienti con grave trauma cranico e sono interpretate come conseguenza di turbe ischemiche legate a vasocostrizione coronarica massimale in conseguenza del rilascio massivo di noradrenalina ed adrenalina[xi].
In conclusione i traumi chiusi del cuore si verificano con una frequenza superiore a quella ipotizzata in passato e si associano a modificazioni importanti della contrattilità e del ritmo cardiaco e ad un aumento dei rischi perioperatori. Un BCT deve essere sempre sospettato nei pazienti con trauma toracico ed instabilità emodinamica: lin presenza di valori aumentati di troponina la probabilità di una lesione funzionale o strutturale del cuore è molto elevata, anche se la diagnosi deve essere confermata con TEE. Per la sua complessità la gestione di questi pazienti si giova di un approccio multidisciplinare.
Trattamento delle lesioni traumatiche dell’aorta toracica con stent intravascolari.
Le lesioni traumatiche dell’aorta rappresentano in ordine di frequenza la seconda causa di morte da trauma chiuso. Uno studio recente su 295 decessi da incidente stradale ha dimostrato che il 12% delle vittime presentava all’autopsia lesioni delle pareti dell’aorta[xii]. Tuttavia dall’ 80% all’ 85% di questi pazienti decede sul posto o durante il trasporto e pertanto il numero di feriti con lesioni aortiche che giungono vivi in ospedale è molto più limitato. Le possibilità di sopravvivenza di questi pazienti dipendono dalla qualità e rapidità dell’iter diagnostico e terapeutico: in assenza di immediato riconoscimento e trattamento adeguato, le lesioni aortiche sono spesso mortali entro tempi molto brevi. Anche nei centri più organizzati la mortalità intraospedaliera supera comunque il 30%[xiii]
I pazienti che giungono vivi in ospedale possono presentare un ampio range di segni e sintomi clinici, tra i quali i più frequenti sono dati dal murmure intrascapolare e dall’asimmetricità dei polsi periferici. Il rilievo di una transitoria ipotensione sulla scena dell’incidente, con o senza disturbi neurologici, può far sospettare una dissezione dell’arco aortico. La maggioranza dei pazienti però può non presentare segni clinici rilevanti e malgrado l’elevato impatto in termini di energia applicata alle strutture mediastiniche, meno della metà dei feriti ha segni visibili di trauma della parete toracica[xiv]
Tra i segni radiologici suggestivi di trauma chiuso dell’aorta (BAI) quello più frequentemente ricordato è l’allargamento del mediastino, abitualmente definito come un’ampiezza del diametro dell’ombra mediastinica superiore a 8 cm, o un rapporto tra la larghezza del mediastino e quella del torace > 0.38 [xv]. Tuttavia le lesioni aortiche possono essere presenti anche se il radiogramma è normale, e pertanto negli incidenti con dinamica maggiore o caratterizzati da brusche decelerazioni (es:precipitazione, scontro frontale) è necessario sospettarle ed escluderle accuratamente.
L’angiografia è classicamente considerata il golden standard per la diagnosi di BAI. Di recente però la TAC toracica sta acquisendo un ruolo sempre maggiore grazie alle TAC spirali di ultima generazione che consentono di raggiungere un’elevatissima sensibilità con un valore predittivo negativo vicino al 100% [xvi],[xvii]. Se si utilizzano queste metodiche l’angiografia può essere riservata ai soli pazienti in cui sussistono dubbi interpretativi. Anche l’ecografia transesofagea (TEE) è un test molto sensibile, ma l’accuratezza della diagnosi dipende in misura significativa dall’esperienza dell’operatore. In uno studio recente Vignon et al [xviii] hanno paragonato la TEE con l’angioTAC spirale giungendo alla conclusione che in mani esperte, le due metodiche hanno la stessa sensibilità per le lesioni chirurgiche, ma la TEE ha superiori capacità di mettere in luce lesioni dell’intima e della media che richiedono solo trattamento conservativo. Il limite della TEE è dato dalla difficoltà incontrata nello studio delle lesioni dell’arco e dei vasi epiaortici.
Anche le opzioni terapeutiche sono state di recente riviste. Vi sono dati che dimostrano che le lesioni limitate (ematomi intramurali, flap intimali di dimensioni contenute) possono giovarsi del solo trattamento conservativo e che alcuni pazienti con lacerazioni sub-avventiziali possono beneficiare di un intervento chirurgico dilazionato[xix]. Molti Autori ritengono ancora che un intervento chirurgico immediato rappresenti il trattamento di scelta nelle lesioni estese e in quelle ad evoluzione progressiva, tuttavia la mortalità e gli esiti invalidanti legati a questo tipo di approccio sono elevati. Inoltre il trattamento chirurgico può risultare impossibile in molti dei pazienti con BAI, a causa della contemporanea presenza di lesioni gravi di altri distretti che aumentano in modo esponenziale i rischi connessi all’intervento. In particolari nei traumatizzati con lesioni emorragiche intracraniche o gravi focolai contusivi intracerebrali l’utilizzo della circolazione extracorporea deve essere evitato. In questi pazienti è necessario un approccio differente. Recentemente sono state sviluppate tecniche che consentono un trattamento meno invasivo delle lesioni traumatiche dell’aorta con il ricorso al posizionamento di stent intravascolari. L’impiego di stent intravascolari è stato sviluppato negli anni ’90 per trattare gli aneurismi dell’aorta addominale[xx]; successivamente le indicazioni si sono allargate e sono stati riportati casi sporadici di impiego di stent nel trattamento delle lesioni traumatiche dell’aorta toracica[xxi]. Fujikawa[xxii] ha descritto recentemente una serie di 6 pazienti con rottura della porzione discendente dell’aorta toracica trattati con stent intravascolare. In questa serie l’impiego dello stent intravascolare veniva considerato possibile solo per le rotture traumatiche al di sotto della succlavia sx (che sono tuttavia la maggioranza). Dei 6 pazienti, 5 sono stati trattati entro l’8° ora dall’incidente. Sono sopravvissuti 5 pazienti su 6. La tecnica descritta da Fujikawa è stata recentemente introdotta anche nel nostro ospedale. Sono stati trattati con stent intravascolare 10 politraumatizzati con lesioni aortiche associate a trauma grave di altri distretti tra cui l’encefalo. Benchè l’intervento di correzione della lesione aortica sia riuscito in tutti e 10 i pazienti, due di loro sono successivamente deceduti a causa delle gravissime lesioni endocraniche. I restanti 7 pazienti sono stati dimessi vivi dall’ospedale in buone condizioni generali.
Il trattamento endovascolare delle lesioni dell’aorta toracica pone problematiche organizzative complesse, sia per quanto riguarda l’iter diagnostico e la definizione delle priorità, che per la necessità di poter attivare in tempi brevi un’equipe di radiologia interventista competente. Cio’ nonostante i pochi dati fin qui riportati in letteratura sono estremamente incoraggianti e lasciano intravedere la possibilità di ottenere una riduzione significativa della mortalità in uno dei settori della traumatologia finora gravati dalla più elevata incidenza di decessi. Recentemente uno studio di Ott[xxiii] ha comparato i risultati del trattamento chirurgico convenzionale con quello del trattamento intravascolare, documentando un vantaggio della tecnica intravascolare in termini di mortalità ed esiti invalidanti. Benchè le ridotte dimensioni dello studio non permettano di giungere a conclusioni definitive, la gran parte dei centri sta adottando la tecnica dello stent intra-aortico come procedura di scelta per il trattamento delle lesioni istmiche dell’aorta.
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