Conservazione del sangue

Conservazione del sangue, potere ossiforetico  e nuove prospettive sul sangue artificiale
Benedetto Del Gusto
Centro Trasfusionale ASL Avezzano-Sulmona

Tra le molteplici funzioni del sangue la principale è quella di trasportare l’ossigeno ai tessuti, fenomeno biologico assai complesso che inizia a livello polmonare e termina a livello dei capillari coinvolgendo: ventilazione polmonare, quantità di emoglobina circolante, affinità dell’emoglobina per l’ossigeno e circolazione capillare. La funzione ossiforetica del globulo rosso si ottiene aumentando la quantità di emoglobina, conservandola in maniera tale che possa cedere facilmente l’ossigeno che trasporta e conservando il globulo rosso in condizioni tali che la sua forma, volume, elasticità e plasticità persistano il più possibile uguali, anche dopo giorni di conservazione, a quelle del globulo rosso appena prelevato.

Abbandonati i flaconi di vetro per il loro ingombro, peso ed impermeabilità ai gas, oggi sono in uso sacche di plastica singole o multiple di cloruro di polivinile con aggiunta di acido ftalico. Le soluzioni anticoagulanti in uso sono molteplici e vanno dall’ACD, CPD, CPD-adenina nelle varianti CPD-A1 e CPD-A2; esse contengono in diversa concentrazione acido citrico, citrato di sodio, destrosio, fosfato monosodico, adenina. Le nuove soluzioni permettono di conservare il sangue intero per 49 giorni ed i concentrati eritrocitari per 42 giorni.

Esistono inoltre delle soluzioni additive che vengono aggiunte dopo scomposizione che contengono cloruro di sodio, adenina e glucosio (SAG, SAG-M, PAGGS-S; dove M sta per mammitolo e S sta per sorbitolo). Alle soluzioni conservanti vengono aggiunte soluzioni capaci di ringiovanire le emazie riportando a valori normali il 2,3 DPG e l’ATP nei globuli rossi conservati in CPD o CPD-A1.

I parametri biochimici del sangue (pH, Na, K, Hb, glucosio, 2,3 DPG e ATP) non variano sensibilmente nella prima settimana di conservazione, perciò esso può essere utile ed efficace per una exanguinotrasfusione o per una trasfusione in prematuro quanto quello di 24 ore.

Il sangue artificiale, inteso come sostituti eritrocitari, è stato oggetto di grande interesse negli ultimi 20 anni. Essi possono essere di origine naturale o artificiale. I primi derivano dall’emoglobina di origine umana, animale o ricombinante, chimicamente o geneticamente modificata per ridurne la P50 e l’escrezione renale e per aumentare la vita media intravascolare. I sostituti di origine artificiale sono i perfluorocarboni (pFC) che hanno un’alta affinità per l’ossigeno e per altri gas: sono idrocarburi aromatici alogenati nei quali tutti gli atomi di idrogeno sono stati sostituiti dal fluoro, sono biologicamente inerti e virtualmente insolubili nei mezzi acquosi. Tra i trasportatori di ossigeno si riconoscono fondamentalmente  3 tipi di composti: soluzioni di emoglobina, emoglobina capsulata ed emulsioni di perfluorocarboni. Tra i loro vantaggi c’è l’illimitata disponibilità e l’assenza di trasmissione di malattie infettive; inoltre non richiederebbero test di compatibilità e potrebbero essere usati per pazienti che, per motivi culturali e religiosi, rifiutano la trasfusione del sangue.