Aspetti organizzativi del trauma team

Maurizio Menarini
Dirigente medico 1° livello – U.O. Rianimazione – 118 Ospedale Maggiore Bologna

Le esperienze condotte in diverse realtà, soprattutto negli Stati Uniti, hanno dimostrato chiaramente, già diversi anni fa, come la gestione ottimale del traumatizzato dipende da un lavoro di équipe coordinato e da una sequenza di interventi strettamente collegati. Conoscenze e competenze degli operatori sanitari ai diversi livelli sono condizione necessaria ma non sufficiente:è indispensabile un progetto organizzativo chiaro, finalizzato a valorizzare la professionalità e che sia in grado di utilizzare al meglio le risorse disponibili.

    Il sistema traumi
Diversi decenni orsono, il “problema trauma” fu riconosciuto come uno dei principali in campo sanitario1. Negli U.S.A. da allora sono stati compiuti passi decisivi in termini di conoscenza ed organizzazione.

I modelli proposti per garantire interventi mirati e tempestivi ai pazienti sono stati diversi, in relazione alle risorse, alle tradizioni, alla cultura medica locale, con risultati variabili in termini di efficacia ed efficienza.

Il “sistema trauma” nasce per “facilitare e coordinare una risposta di sistema multidisciplinare a pazienti traumatizzati gravi dal momento del trauma al trattamento definitivo” 2.

Con il passare degli anni, da un concetto di sistema traumi dedicato ai traumi maggiori si è evoluto il concetto di “inclusività”. Nella logica del sistema “inclusivo” la valutazione non è mirata solamente all’efficacia in termini di riduzione della mortalità (o di aumento di dimissioni dall’ospedale) ma in maniera più estesa di riduzione delle invalidità, di soddisfazione del paziente, di riduzione delle giornate di ricovero, di qualità delle prestazioni erogate.

Virtualmente, per tutti i problemi sanitari, specialmente per il paziente con trauma maggiore, per i quali la complessità di trattamento è relazionata a pressanti fattori di tempo, è necessario un approccio multidisciplinare, anche in considerazione delle accresciute conoscenze scientifiche e mediche.

   Il trauma team
All’interno del trauma center, la gestione dei pazienti con trauma maggiore è affidata ad un team dedicato. Il trauma team è l’insieme delle figure professionali, medici ed infermieri, con diversa specializzazione, esperti nel trattamento del traumatizzato grave.

Perché diventa essenziale organizzare un trauma team? Perché un buon lavoro di squadra garantisce l’approccio multidisciplinare necessario al trattamento.

Adottare gli standard, organizzare il sistema traumi dentro l’ospedale, addestrare il personale, assicurare il controllo di qualità e definire percorsi per il miglioramento, sono tutti compiti dei responsabili delle diverse aree specialistiche (anestesisti-rianimatori, chirurghi, radiologi, ecc.) che si confrontano con i traumatizzati.

L’applicazione di questi principi si traduce nella creazione del trauma team e nella definizione della fondamentale figura del trauma leader.

I trauma team seguono una metodologia “funzionale”: il trattamento del paziente è suddiviso in una serie di compiti tra diversi specialisti, che operano sotto il coordinamento del team leader.

In Europa il trauma leader può essere:

–         chirurgo

–         medico dell’emergenza (emergency physician)

–         anestesista-rianimatore

Negli USA è solitamente un chirurgo dei traumi.

Non è importante l’etichetta ma è essenziale che una figura di medico ben addestrato e qualificato, tra i diversi specialisti sia scelto ed abbia funzioni di “governo” del trauma team (e che sia presente nell’arco di tutte le 24 ore).

Tra i compiti del trauma leader:

–         raccoglie le informazioni dalla squadra di soccorso presospedaliera (dinamica dell’evento, valutazione primaria, interventi effettuati)

–         dirige il trauma team in azione

–         definisce le priorità diagnostico-terapeutiche e l’intervento di vari specialisti

–         esegue egli stesso od autorizza le procedure invasive terapeutiche

–         autorizza le indagini diagnostiche

–         controlla le condizioni generali del paziente in modo seriato

–         valuta i risultati delle indagini diagnostiche

–         indica la terapia infusionale e trasfusionale

–         controlla le manovre di mobilizzazione ed immobilizzazione del paziente

–         consulta gli specialisti

–         decide i passi successivi appropriati

–         annota quanto evidenziato ed eseguito sul diario clinico

–         addestra direttamente i membri del trauma team

–         cura i rapporti con i parenti del paziente

Affidare il traumatizzato, in particolare nel periodo di maggiore instabilità (“golden hour”) ad un qualsiasi specialista, anche se in riferimento alla probabile patologia prevalente, oppure a più specialisti senza che uno di questi assuma il ruolo di gestione globale del paziente, significa incorrere in gravi perdite di tempo, in errori di iter diagnostico, in mancanze di adeguato supporto terapeutico, e di carenza di continuità terapeutica.

Idealmente, un trauma tema dovrebbe essere composto da:

–         2 medici (di cui uno team leader)

–         2 infermieri

–         tecnico radiologo

–         medico radiologo

–         personale ausiliario

A questi ovviamente si aggiungono gli specialisti eventualmente necessari in relazione alle patologie del paziente ed a quanto emerge dalla valutazione primaria e secondaria.

La presenza di due medici consente un approccio “simultaneo” al paziente, mentre un solo medico può operare solamente in maniera “sequenziale”.

L’approccio simultaneo:

–         consente l’approccio contemporaneo di più di una delle fasi ABCDE

–         richiede un perfetto coordinamento tra i diversi professionisti

–         è possibile solamente se vi sono spazi adeguati e preparazione specifica

–         consente di ridurre i tempi nella fase di resuscitazione

Nell’approccio sequenziale (un solo medico presente) alcuni vantaggi vengono persi.

    Spunti di riflessione
Nella descrizione precedente sono stati riportati gli elementi principali e potremmo dire “classici” che stanno alla base dell’organizzazione di un trauma team ospedaliero.

Alcune domande meritano però una risposta.

In particolare:

–         ha ancora senso parlare di come organizzare un trauma team o viceversa è già un concetto superato dall’organizzazione attuale della risposta italiana al trauma maggiore?

–         l’organizzazione di un trauma team ha senso solamente a livello ospedaliero o già un trattamento qualificato preospedaliero consente il miglioramento dell’outcome del traumatizzato maggiore?

–         data la disponibilità di un trauma team nell’ospedale di riferimento per traumatizzati, quali sono le corrette modalità di allertamento del trauma team e di comunicazione fra l’équipe pre- e quella intraospealiera?

 Alla prima domanda risponde un recente lavoro sulle morti evitabili in pazienti traumatizzati3.

Lo studio, condotto sulle morti da trauma nell’area urbana di Milano, riporta la seguente conclusione: “Panels judged 57% of deaths not preventable, 32% possibile preventable and 11% definitely preventable”.

Come si può ricavare, il numero di morti evitabili appare rilevante. Nel dettaglio, in ambito preospedaliero sono state considerate in qualche misura evitabili il 27% delle morti.

Per quanto riguarda l’ospedale: “Among deaths that occurred in the emergency department  32% were not preventable and among in-hospital deaths only 18% were not preventable”.

Tra le proposte formulate quelle di staff medici ed infermieristici multidisciplinari  specificamente addestrati nel trattamento di emergenza del traumatizzato, all’interno di strutture ospedaliere dedicate (trauma center).

Quindi, alla prima domanda la risposta è che vi è ancora strada da percorrere nel perseguire l’organizzazione del trauma team.

Alla seconda domanda la risposta è più controversa. Se da un lato il concetto che un trattamento ALS preospedaliero sembra garantire un outcome migliore, sono comparsi di recente in letteratura alcuni lavoro che mettono in dubbio questa affermazione.

Un lavoro fra gli altri: Garner et al.4 hanno analizzato retrospettivamente traumatizzati con GCS < 9 soccorsi in ambito preospedaliero; in particolare 250 pazienti soccorsi da paramedici e 46 da un “prehospital critical care team” con un medico, e direttamente trasportati al trauma center. La conclusione: “il range di interventi assicurati dal prehospital critical care team è risultato associato ad outcome funzionale migliore. Ulteriori studi sono richiesti per determinare i singoli fattori che possono spiegare tali risultati”. Le conclusioni di uno studio di Di Bartolomeo ed al.5 sono diverse: “Il presente studio, progettato per enfatizzare i supposti vantaggi di un sistema di soccorso preospedaliero combinato elicottero-medico-ALS. Nessun beneficio di questo sistema rispetto all’intervento di mezzi BLS è stato dimostrato”. Attualmente molte risposte devono ancora essere trovate.

E’ senza dubbio di grande rilevanza stabilire uno stretto rapporto tra fase preospedaliera del soccorso al traumatizzato ed intervento del trauma team in ambito ospedaliero: in altre parole garantire la “continuità del trattamento”.

 La continuità del trattamento è assicurata in modo ottimale da professionisti che operano sia in ambito territoriale che all’interno del centro traumi di riferimento: questo assicura un trattamento omogeneo, secondo principi e priorità in intervento condivise. Percorsi di addestramento comuni assicurano facilità di comunicazione tra i diversi team e quindi assicurano percorsi diagnostico-terapeutici lineari.

Una comunicazione diretta fra professionisti assicura l’allertamento del trauma team nel caso di un paziente critico, che richiede immediati interventi di stabilizzazione all’arrivo nell’area di emergenza, con prosecuzione delle manovre terapeutiche intraprese in ambito extraospedaliero.

Vi sono diversi criteri proposti per allertare i trauma team, con l’obiettivo di ridurre al minimo i tempi per gli interventi tempo-dipendenti. In letteratura vi sono anche esempi di due livelli di allertamento, con l’individuazione di pazienti “borderline”, ovvero non tanto critici da richiedere da subito la presenza del trauma team nell’area dell’emergenza, ma comunque con patologie (ad esempio presenza di otorragia in un traumatizzato cranico, due fratture di ossa lunghe in un paziente peraltro sostanzialmente stabile dal punto di vista emodinamico) che potrebbero evolvere, anche in maniera rapida, e per le quali un pre-allertamento del trauma team consente di assicurare una risposta rapida ed adeguata nel caso di evoluzione negativa.

Su questa tematica occorre un lavoro di analisi, da parte dei centri di riferimento traumi, per definire i criteri del corretto allertamento del trauma team, con l’obiettivo dell’utilizzo più efficiente possibile delle risorse.

    Conclusioni
L’organizzazione di una risposta da parte di un trauma team, con specifiche metodologie, con obiettivi chiari, con preparazione adeguata dei professionisti coinvolti, con una approfondita analisi dell’attività e definizione di elementi per il miglioramento della qualità è un elemento essenziale del sistema traumi.

I migliori risultati si possono ottenere con una stretta integrazione fra fase preospedaliera ed intraospedaliera, attraverso precisi protocolli e l’attività dei professionisti fra i due settori, estendendo la logica del trauma team dalla sola area dell’emergenza del trauma center alle fasi iniziali del soccorso territoriale.

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      Bibliografia

1.      National Committee of Trauma and National Committee of Shock – “The neglected disease of modern society”  – Washington, DC, National Academy of Sciences/National Research Council, 1966

2.        Bazoli GJ, Madura KJ, Cooper GF, MacKenzie EJ, Maier RV – “Progress in the development of trauma systems in the United States: result of national survey” – JAMA 1995; 273: 395 – 401

3.        Chiara O., Scott JD, et al. – “Trauma deaths in an Italian urban area: an audit of prehospital and in-hospital trauma care” – Injury 2002; 33: 553 – 62

4.        Garner a, Crooks J, Lee A, Bishop R. – “Efficacy of prehospital critical care teams for severe blunt head injury in the Australian setting” – Injury, 2001; 32: 455 – 60

5.        Di Bartolomeo S, Sanson GF, Nardi G, Scian F, Michelutto V, Lattuada L. – “Effects of 2 patterns of prehospital care on the outcome of patients with severe head injury” – Arch. Surg. 2001; 136: 1293 – 300